Battendo la Fiorentina, il Napoli ha reso la volata Champions assai lineare. Adesso il destino degli azzurri dipende esclusivamente da loro stessi. La qualificazione alla prossima Coppa dalle Grandi Orecchie, dunque, non è subordinata ai risultati delle altre pretendenti.
Insomma, la squadra partenopea si giocherà tutto negli ultimi 90’ di campionato. Vincendo contro il Verona, infatti, chiuderebbe qualsiasi discorso. Senza dover necessariamente tenere l’orecchio incollato alla radiolina, per conoscere il finale di Atalanta-Milan e Bologna-Juventus.
Gustoso vincere una partita “vera”
A confortare Gattuso, la prova di forza palesata al Franchi dal gruppo, tutt’altro che tremebondo davanti all’atteggiamento nient’affatto soporifero della Viola. Piuttosto che farsi prendere dall’ansia o impaurirsi per come i gigliati hanno interpretato la partita, il Napoli non si è agitato.
Anzi, ha mantenuto la consapevolezza del momento, al cospetto di una Fiorentina già salva. Che tuttavia ha voluto dare uno schiaffo morale ai complottisti, enfatizzando oltremodo il suo impegno.
Significativo che a fare notizia sia una squadra orientata a giocarsela fino in fondo. Come se scansarsi fosse quasi un atto dovuto. Una inevitabile conseguenza strettamente connessa all’idea di non aver alcun obiettivo da inseguire.
E’ proprio questa la circostanza più sensazionale della penultima giornata. Se anche altri avessero messo il medesimo furore agonistico dei calciatori di Iachini, probabilmente la Serie A non sarebbe così poco credibile.
Del resto, ci sarà un motivo per cui è diventato virale il commento di due telecronisti inglesi, che sghignazzano sonoramente per il rigore concesso a Cuadrado, derubricando ai minimi termini il prestigio del nostro campionato.
Esaltarsi con le idee di Gattuso
Dal canto suo, il Napoli ha costruito in maniera lineare la vittoria in terra toscana. Determinando il proprio destino con la forza delle idee del suo allenatore. Senza rinunciare, quindi, alla qualità del passing game e l’abilità nell’occupare gli spazi filosofeggiate da Gattuso.
Partendo da un’idea di gioco ben definita, gli azzurri hanno dominato una gara rimasta per larghi tratti in bilico. Capace di restituire un’immagine talmente esaustiva del potenziale offensivo, da annichilire pure i critici più ortodossi di Ringhio.
Difficile rimanere indifferenti davanti alla partecipazione collettiva che ha dato il via alla transizione da cui è scaturito il raddoppio di Zieliński.
Come appare degno di sottolineatura l’utilizzo poco convenzionale di Insigne. Stimolato a lasciare la classica posizione di esterno d’attacco, per stringere notevolmente il raggio d’azione ed esplorare i cd. “halfspace”. Dando imprevedibilità allo sviluppo della manovra e aggiungendo nuove conoscenze al bagaglio tattico di Lorenzinho. Spendibili anche in Nazionale.
Quel Napoli versatile che tanto piace
Se ancora ce ne fosse bisogno, Gattuso punta tutto sul gioco posizionale, esasperando le zone occupate in campo dai suoi uomini. Un’idea funzionale a sovrastare il concetto di ruolo.
Una cosa già vista con Zieliński, che si muove da sottopunta in maniera diametralmente opposta al tradizionale trequartista. Il dinamismo del polacco manipola lo spazio tra le linee, creando vuoti che altri occuperanno.
Ovvero, i due esterni alti. Specialmente Politano, meno ispirato ad aggredire la profondità rispetto a Lozano, non staziona esclusivamente con i piedi sulla linea laterale, garantendo ampiezza. Ma muovendosi verso l’interno, favorisce il gioco associativo. Moltiplicando gli spazi, per sé stesso e le sovrapposizioni di Di Lorenzo.
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