Se facessimo un ipotetico viaggio nei segreti del Napoli capolista, si potrebbe evidenziare un tratto comune nell’entusiasmante avvio di campionato degli azzurri.
Ovvero, l’aver incontrato sul suo cammino quasi sempre avversari che, per indole o costretti dal momento che stavano attraversando, hanno scelto più o meno consapevolmente di difendersi molto bassi.
Del resto, non può assolutamente essere considerato un caso se finora, l’unica squadra ad aver creato serissimi grattacapi ai ragazzi di Spalletti, è stata la Fiorentina.
La Viola, in effetti, interpreta le partite in maniera estremamente aggressiva, attuando un pressing asfissiante. Italiano pretende dai suoi giocatori che vadano a prendere molto alti la controparte, spingendosi abbondantemente dentro l’altrui trequarti.
Quanto incide Fabiàn
Coerentemente con questo atteggiamento, appare evidente come l’ingrediente fondamentale sui cui l’allenatore di Certaldo ha edificato il suo progetto tattico sia il controllo del pallone.
Una caratteristica funzionale a permettere al Napoli di correre pochi rischi quando deve superare la pressione primaria.
E’ chiaro che, affinchè si possa consolidare in totale sicurezza la fase di possesso per gestire la partita, Spalletti ha dovuto lavorare innanzitutto sul rombo che favorisce la risalita della palla.
Cioè, quello deputato alla prima costruzione. Composto dal portiere, vertice basso, i centrali difensivi e Fabiàn Ruiz, vertice alto.
Lo spagnolo s’è dovuto calare completamente nel ruolo di pivote, trasformandosi definitivamente in qualcosa di ben più completo del semplice metodista.
Perché, pur non essendo né un regista classico, tantomeno una mezz’ala tradizionale, abile soltanto ad aggredire gli spazi tra le linee, la sua naturale propensione al calcio qualitativo ne ha fatto un elemento determinante nei flussi di gioco.
Anguissa irrinunciabile
Probabilmente, Fabiàn Ruiz si trova talmente a suo agio nel centrocampo disegnato da Spalletti, perché può delegare ad Anguissa anche compiti creativi.
Il camerunese, infatti, ha una interpretazione abbastanza cerebrale del ruolo di mediano. Nel senso che associa la libertà di movimento, tipica di chi “caccia” il possessore o gli intercetti, con l’intelligenza professorale nell’occupare gli spazi sotto la linea della palla, facendo grande densità centrale. Diminuendo i rischi di imbucata, in caso di transizione negativa.
In questa maniera la mediana partenopea ha trovato finalmente la quadratura, diventando la zona nevralgica da cui il Napoli domina quasi con il pilota automatico il ritmo del gioco.
Il Napoli cresce con le alternative
Adesso, però, bisogna passare allo step successivo, spingendo sulla crescita delle alternative. Condizione chiave per tenere insieme la squadra nei momenti di difficoltà, che sicuramente si presenteranno nelle settimane a venire.
Sostanzialmente, se la capolista vorrà continuare a tenere questa intensità, non dovrà abbandonare i suoi principi. Acquisendo magari maggiore imprevedibilità nella rotazione degli uomini a centrocampo.
Mantenere il primato in classifica, dunque, passa pure per una diversa distribuzione delle responsabilità. In soldoni, garantire un adeguato minutaggio a Demme e Lobotka. Visto e considerato che Elmas è già pienamente inserito nel contesto.
Tutti in grado di svolgere compiti specifici. Nonché varie ruoli, adattandosi alle diverse proposte tattiche richieste dall’allenatore, a seconda dell’avversario o del piano-gara da interpretare.





