La Fiorentina non ha voluto alimentare in alcun modo la cultura del sospetto, giocando contro il Napoli una partita vera, per agonismo e intensità. Garantendo credibilità ad un campionato che nelle ultime settimane dava l’impressione di essere ai limiti del farsesco. Con risultati demenziali e giocate da museo degli orrori.   

Forse, almeno per le squadre che ancora non avevano raggiunto i loro obiettivi, rispettare il principio della contemporaneità, ovvero tutti in campo alla stessa ora, non avrebbe falsato il finale di stagione. Evitando il disonorevole sospetto di indigesti biscottoni.

E bene ha fatto la Viola a impegnarsi allo spasimo. Neanche si stesse giocando concretamente qualcosa di importante.

L’immagine di Dusan Vlahovic che rincorre spasmodicamente l’ultimo pallone nel recupero, sbattendosi come un ossesso e sacramentando alla stregua di uno scaricatore di porto, dovrà rimanere a imperitura memoria. Tanto per i napoletani, quanto per il resto della Serie A…

Quanta pazienza per aggirare la Viola

Come la maggior parte delle squadre che affrontano in questo momento della stagione il Napoli, anche la Fiorentina ha pensato di contestualizzare la propria strategia alle caratteristiche tecnico-tattiche della squadra di Gattuso.

Ormai tutti sanno bene quanto ai partenopei piaccia costruire dal basso. Invogliare la controparte al pressing, affinchè si creino le condizioni per destrutturare l’organizzazione difensiva predisposta dagli avversari.

Tendenzialmente, dunque, la Viola ha cercato di togliere profondità e abbassare il ritmo di gioco. Schierandosi in fase di non possesso con un 5-3-2 assai compatto. In modo tale che gli azzurri fossero costretti a risalire il campo, impostando da dietro. Trovando, però, la strada sbarrata per andare direttamente in verticale.

Poiché il piano gara proposto da Iachini ha intasato tutte le linee di passaggio, facendo grande densità in zona centrale, con i reparti stretti e corti, il Napoli si è orientato verso un palleggio più paziente.

Avvolgente e quindi maggiormente prevedibile. Piuttosto che funzionale ad aprire ampi spazi alle spalle della linea di pressione gigliata, da attaccare poi attraverso veloci combinazioni. 

Possesso e duttilità favoriscono il Napoli

In questo contesto, il giropalla qualitativo ha svolto un ruolo fondamentale. Il Napoli non ha voluto rinunciare alla propria identità, nonostante la Fiorentina fosse poco propensa a scoprirsi.

Gli azzurri, tuttavia, hanno continuato a comandare il gioco. Ed il possesso, teso a determinare spazi vitali da occupare, con il trascorrere dei minuti ha cominciato a prendere forma. Grazie soprattutto alle indubbie doti tecniche degli azzurri.

Associata alla capacità di sviluppare un incisivo e dinamico gioco posizionale. Così da ridurre le distanze tra i due mediani ed il terzetto di offensive players che supportava Osimhen. E consentire alla squadra di Gattuso di alternare giocate sul breve, alla classica verticalità. Quel calcio diretto che tanto piace al centravanti nigeriano.

Questa la premessa di una partita emotivamente impeccabile, nella quale Ringhio ha saputo veicolare al gruppo una calma interiore, recepita dalla squadra e trasformata in consapevolezza nel gestire le varie fasi del match.

Ora l’ultimo match ball

Adesso il Napoli è davvero padrone del proprio destino e la qualificazione alla prossima Champions vicina come non mai.

Occorre pensare esclusivamente al Verona. Senza aspettarsi alcun regalo da nessuno. Come, del resto, ampiamente palesato al Franchi oggi pomeriggio.

Il calendario dell’ultima giornata prevede, infatti, l’arrivo degli scaligeri al Maradona Stadium. Nonché lo scontro diretto tra Atalanta e Milan. Con la Juventus di scena a Bologna.

Agli azzurri basterà compiere un ultimo, piccolissimo sforzo, evitando di farsi prendere dai facili entusiasmi. Che all’ombra del Vesuvio sono veramente contagiosi…

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