La Nazionale Under20 entra in punta di piedi sulla scena dell’italico pallone con l’esuberanza tipica della gioventù sfrontata, facendo qualcosa di nuovo e diverso rispetto al lavoro in prospettiva che generalmente viene associato alle “promesse” sulla via della completa maturazione.
Perché la squadra di Carmine Nunziata, raggiungendo per la prima volta nella sua storia la finale del Mondiale di categoria, un risultato comunque da celebrare, nonostante poi abbia vinto l’Uruguay, è stata in grado di rinnovare il legame storico che rende le varie selezioni giovanili azzurre uno dei migliori vivai d’Europa.
Una situazione che dovrebbe dare la giusta proporzione circa il processo formativo del nostro movimento. Capace come pochi nello scovare talenti e coltivarne la crescita. Almeno fino alla soglia delle Prime Squadre.
Individualità e collettivo
All’Italia va riconosciuto il merito di essere riuscita a mettere in vetrina alcune individualità dotate di abilità tecniche non indifferenti.
Il Commissario Tecnico, quindi, ha dimostrato come sia possibile costruire un gruppo in cui la qualità di interpreti del calibro di Baldanzi o Pafundi aggiunge al gioco organizzato lampi di grande raffinatezza. Per farlo, gli Azzurrini esprimono un calcio moderno e propositivo in chiave collettiva, attraverso la gestione costante del possesso. A ragionare in mezzo al campo, nella tradizionale posizione di metodista, addirittura un classe 2004, Giacomo Faticanti. Nonostante fosse abbondantemente sotto età, il Primavera della Roma ha gestito i ritmi e verticalizzato con una evidente intelligenza nelle letture.
In generale, il sistema pensato da Nunziata è cucito su misura sull’idea di esercitare un pressing intenso ed aggressivo. Il principio è semplice, nondimeno efficacissimo: la riconquista immediata del pallone consente di trovare gli avversari scoperti. Stimolando al contempo le ricezioni tra le linee o gli inserimenti in profondità di una mezzala fisica e dinamica come Casadei.
E quando non ci sono alternative, si può sempre esplorare le ricezioni spalle alla porta di Ambrosino o Francesco Pio Esposito.
Il futuro oltre la C
Il futuro, dunque, è sicuramente di questi ragazzi. Che adesso, però, vanno supportati in maniera adeguata. Del resto, affinché possano esplodere definitivamente, i club di appartenenza dovranno avere il coraggio di sopportarne gli inevitabili alti e bassi. Occorre garantire loro idoneo minutaggio. Non solo in Serie C.
Pensiamo, per esempio, al caso di Sebastiano Desplanches, che s’è aggiudicato il “Guanto d’Oro” della rassegna iridata, ovvero il premio riservato al miglior portiere. La scorsa estate il Milan lo cede a titolo definitivo al Vicenza, riservandosi esclusivamente una percentuale su una futura rivendita. Non avendo spazio, tuttavia, nel mercato di riparazione i veneti l’hanno prestato al Trento, dove nella seconda parte del girone di ritorno conquista finalmente la maglia da titolare. In tal senso, emblematica pure la stagione di Daniele Ghilardi, assoluto protagonista al centro della difesa col Mantova.
Insomma, con le dovute proporzioni, si potrebbe anche tollerare questa sconfitta Mondiale. Perché simili esperienze internazionali aiutano a prendere consapevolezza dei propri mezzi, oltre ad aumentare a dismisura il livello prestativo.
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