Meret: 6
Partita perfettamente in linea con quanto fatto vedere finora: sereno e tranquillo tra i pali, reattivo sulla conclusione dalla distanza di Lasagna. Impeccabile tatticamente al cospetto di Ngonge. Nell’uno contro uno, l’Airone resta in piedi, obbligando il dirimpettaio ad azzardare un colpo sotto, maldestro e inguardabile.
Di Lorenzo: 6,5
Banale rimarcare la spropositata continuità di rendimento che il Capitano palesa in tutte le situazioni che lo vedono agire da protagonista. Imprescindibile perno difensivo, nonchè grandissimo valore aggiunto le volte che lavora da “finto terzino”, per dirla alla Guardiola, occupando una porzione di campo ibrida, da mezzala di tocco.
Kim: 6,5
Accantona qualsiasi barocchismo che non sia strettamente necessario per dominare la retroguardia, impossessarsi dell’attrezzo e immediatamente ribaltare il fronte del gioco, con il lancio lungo oppure andando in percussione. Addirittura ben oltre la propria metà campo. Decisamente fuori scala per non sentirne l’assenza già da stasera per martedì.
Juan Jesus: 6,5
Altro che rimpiazzo accettabile. La percezione, vedendolo all’opera contro Gaich, è quella del classico veterano, in grado però di spostare l’asticella un pochino più in là, ogni qual volta ci sia bisogno della sua leadership. Perché ci sono altezze da dominare di testa con stacchi perentori, e anticipi palla a terra, frutto di corretto posizionamento e timing nel tackle.
Olivera: 6
La sensibilità tecnica e l’eleganza dei movimenti sono da giocatore importante. Ma le numerose amnesie difensive, specialmente nel rapporto con i parametri fondamentali per un terzino (palla, porta e avversario, nelle situazioni in cui Faraoni gli taglia alle spalle), seppur di indole tipicamente sudamericana, sono talmente imperdonabili, da lasciare insoddisfatte le aspettative. Sicuramente più propositivo nella ripresa.
Anguissa: 6,5
Coniuga una discreta conoscenza dei fondamentali, con dosi massicce di muscoli e fosforo. Insomma, un po’ trattore, per i chilometri che percorre. Spesso incursore, con velleità di inserimento. Pur raggiungendo questo tipo di concretezza, non rinuncia alla qualità del passaggio. Almeno fino a quando gambe e fiato lo supportano.
Demme: 5,5
Finalmente ha riscoperto sé stesso dopo mesi difficili. E così, s’è ripreso la squadra in mano. Ironia del destino, perché era finito ai margini delle rotazioni di Spalletti. E invece l’allenatore si è aggrappato al tedesco per concedere un po’ di respiro a chi finora ha tirato ininterrottamente la carretta. Fondamentale inizialmente nel determinare gli equilibri della squadra, giocando sul breve, senza forzare mai l’imbucata. Tuttavia, alla lunga, evidenzia quanto gli manchi il ritmo gara. Ovviamente, una circostanza che influisce negativamente sull’intensità della sua regia. Rivedibile, piuttosto che bocciato.
(dal 64’ Zielinski: 6)
Gli viene fornito respiro in un momento della stagione in cui pare aver smarrito un mucchio di certezze. Esentato dal dovere di cominciare da titolare, esce dalla panchina approcciandosi con leggerezza al match, riscoprendosi voglioso di corsa e inserimenti. Ma all’appello non sono pervenuti quegli strappi tra le linee, che avrebbero potuto scardinare la compattezza del Verona sottopalla.
Elmas: 6
Quando sembra aver raggiunto il massimo del suo potenziale da gregario di lusso, una cosa che non riguarda soltanto la proverbiale versatilità, che gli permette di ricoprire più slot a centrocampo, Spalletti gli chiede di uscire dalla comfort-zone e prendersi la scena. Interpreta il ruolo di mezzala in maniera meno creativa di Zielinski. Nondimeno, si adatta nel fare da raccordo tra mediana e trequarti, spendendosi pure in efficaci coperture difensive. Non eccelle nello spunto fantasioso, che ne appiattisce nel complesso la prestazione.
(dal 72’ Lobotka: s.v.)
Concreto ai limiti della impertinenza, per come sposta con relativa facilità i flussi di gioco in ampiezza e profondità, a seconda degli spazi che intravede nelle strettissime maglie del blocco eretto dagli scaligeri. Probabilmente, Spalletti ha anteposto la sua regia nient’affatto banale alle esigenze di farlo rifiatare in vista della Champions.
Politano: 6,5
Cerca continuamente la giocata in grado di scardinare la difesa gialloblù, anteponendo la ricerca del colpo a effetto rispetto all’essenzialità di puntare l’uomo e saltarlo sistematicamente. A quel punto, con gli azzurri che non saturavano l’area di rigore, inutile metterla in mezzo. Meglio, quindi, stringere, e cercare il dialogo, per imbucare e calciare verso Montipò. Stranamente estraniato dalla centralità della manovra nel secondo tempo.
(dal 83’ Zedadka: s.v.)
Entra bene, con gamba tonica e voglia di fare. Una risorsa da tenere a mente.
Raspadori: 5
Pare davvero involuto. Qualche sponda, nessuno spunto. Non pervenuto negli ultimi sedici metri. Ciondola staticamente spalle alla porta, tocca verso i compagni, giocandogli il pallone a specchio, e null’altro. L’incapacità di tenere uno scarico, interponendo il corpo tra la palla ed il marcatore diretto, restituisce di Jack una immagine malinconica. Urge recuperarlo alla causa.
(dal 72’ Osimhen: s.v.)
Nessun voto, ma giudizio abbondantemente positivo. Con una sassata, spacca la traversa, che ancora sta tremando. Tiene letteralmente in apprensione l’intera squadra veronese con i suoi tagli ipercinetici e le accelerazioni improvvise. Un paio di cambi di direzione mortiferi e l’impatto senza alcun timore con i difensori ospiti suggeriscono l’idea che sia pronto per il Milan.
Lozano: 5
Il rendimento di questa annata somiglia troppo a quello degli scorsi anni: non è la prima volta, infatti, che l’innegabile voglia di mettersi in evidenza strida poi con il linguaggio goffo del corpo. Nel suo insieme, trasmette quei chiaroscuri che ne hanno costantemente caratterizzato l’avventura all’ombra del Vesuvio.
(dal 64’ Kvaratskhelia: 6)
Tenta di inclinare il campo con la corsa ed il pallone incollato ai piedi. Viene a ricevere molto indietro, per provare ad attrarre la pressione di Faraoni. L’idea di liberare praterie dietro la linea difensiva del Verona non riesce. Bocchetti è restio nel concedere distese di campo. E senza spazi vitali, le combinazioni nello stretto del georgiano provocano apprensioni, ma non situazioni potenzialmente pericolose.
Allenatore Spalletti: 6
Un occhio al campionato, la testa alla Champions. L’uomo di Certaldo fa un ricorso massiccio al turnover, con la necessità di preservare gambe e muscoli. La redistribuzione del minutaggio non produce gli effetti sperati. Allora non resta che aspettare martedì, per comprendere se la scelta sia stata propedeutica al raggiungimento dell’impresa.
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