Meret: 6,5
Svelto di mano e pronto di riflessi, all’alba del match, sulla deviazione sotto misura di Deulofeu. Assume una posizione nient’affatto conservativa, lasciando la protezione della linea di porta, pur di accorciare la distanza che lo separa dai centrali e annullare la profondità alle imbucate degli ospiti. Vola sul maldestro tentativo di cross effettuato da Lovric, diventato improvvisamente un insidioso tracciante. Può fare veramente poco o nulla sui due gol dell’Udinese
Di Lorenzo: 7
Il sistema voluto dall’uomo di Certaldo prevede di sovraccaricare i lati con i terzini. I due si guardano da lontano e si assecondano vicendevolmente. Un vestito che calza a pennello per il Capitano, che decodifica costantemente la situazione e resta maggiormente bloccato le volte che si sgancia Olivera. Insomma, altezze diverse, uno dentro e l’altro fuori. E le catene esterne producono fuoco e fiamme. A tratti eroico nell’arrembate finale, alla stregua di uno spartano di Leonida. Non tira indietro il piede. Anzi, si erge a baluardo come nell’assedio delle Termopili, chiudendo la zona di competenza e aiutando pure nel mezzo. Incarna lo spirito indomito di chi crede possa succedere l’impensabile.
Kim: 5,5
Due partite in una, racchiudono la sofferenza di tre punti conquistati con feroce determinazione. Fino a venti minuti dal termine, leader della retroguardia, dove la sua calma apparente stride con la ferocia con cui gestisce fisicamente i duelli individuali. Specialmente al cospetto di un sornione Beto. Apparentemente pigro, ma pieno di cattiveria agonistica e consistenza. Impazzisce, però, nella baraonda finale, sbagliando praticamente tutto. Porta sulla coscienza il raddoppio Udinese, perdendo una palla sanguinosa, che innesca il contropiede di Samardzic.
Juan Jesus: 6
Nel giro di poche partite è diventato il titolare affianco a Kim, “suggerendone” lo spostamento a centrodestra. Difende aggressivo in avanti su Deulofeu, che svaria molte sull’intero fronte d’attacco, sapendo di avere le spalle coperte dal coreano. L’uscita dello spagnolo non rende il suo sabato tranquillo, perché Beto comincia a ondeggiare di qua e di là, svuotando il cono centrale per favorire gli inserimenti dei centrocampisti. In ogni caso, il brasiliano non sbanda.
(dal 60’ Østigård: 6)
Riceve il testimone da Juan Jesus, ammonito e ne prende il posto, calandosi nello spirito della gara, diventata una corrida. Si occupa di Success, senza infamia ma neppure con lodi sperticate.
Olivera: 6
Supporta la manovra, proponendosi spesso in sovrapposizione, garantendo comunque lo sviluppo in ampiezza del giropalla. Gestisce discretamente la variabile Ehizibue, laterale a tutta fascia.
(dal 46’ Mario Rui: 6)
L’Udinese prova a schiacciare il Napoli nella propria metà campo, lavorando una quantità di palloni sui lati. Ehizibue diventa col trascorrere del cronometro un problema. Tuttavia, il portoghese, se lo perde, sa subito come recuperarlo, grazie a marcature preventive perfettamente tarate, che lasciano pochi appigli alla squadra di Sottil per sfogare esternamente.
Anguissa: 7
Se Spalletti può applicare i principi del suo calcio proattiva – con e senza palla – lo deve soprattutto al camerunese. Che interpreta il ruolo di mezzala con proverbiale versatilità, muovendosi continuamente sul campo. Del resto, le rotazioni in mediana, con i tre centrocampisti che occupano a turno diverse zone, consente di manipolare gli avversari, avanzando con passaggi corti. Passa indifferentemente dalla fase di possesso a quella di non possesso senza smarrire lucidità e cervello fino. La verticalizzazione che manda Elmas a segnare il terzo gol esprime una qualità superiore alla media. La stragrande maggioranza dei calciatori, in situazione analoga, avrebbero esplorato la soluzione più facile. Ovvero, lo scarico per Osimhen a rimorchio.
Lobotka: 7
Fondamentale per la montagna di cose che fa in maniera eccellente. Riesce costantemente a farsi trovare nel punto giusto al momento opportuno, coinvolgendo i compagni nella costruzione e nel consolidamento del possesso. Al punto da generare la sensazione che sia la palla a cercare lui e non il contrario. Sempre limpido e lineare nelle scelte, pure quando l’Udinese ha cominciato a metterla sul piano fisico, sgomitando e alzando agonisticamente il ritmo della contesa.
Zielinski: 7
La sua capacità di mettersi in zona luce dietro i centrocampisti friulani, offrendo svariate soluzioni nel cd. “half space”, per arrivare poi al passaggio rifinitore, rappresenta innegabilmente uno dei punti di forza del Napoli attuale. Perché obbliga Sottil a una scelta tattica: chiedere a Lovric ed Arslan di assorbire gli smarcamenti del polacco, modificando di conseguenza il tipo di progressione compiuta dall’azione difensiva degli ospiti. Piede educato e sensibilissimo, palesato con il tocco morbido del raddoppio.
(dal 66’ Ndombele: 6)
Permette alla squadra di rinnovarsi là in mezzo, consolidando il possesso. Le abilità tecniche non gli mancano. Nondimeno, il Napoli comincia a soffrire proprio quando vengono meno strappi e accelerazioni, fino a quel momento devastanti per allungare il pressing dell’Udinese.
Lozano: 7
Per comprenderne l’importanza nella fase offensiva azzurra va considerata la sua capacità di orientare lo scorrimento del pallone prim’ancora di riceverlo, in virtù di illuminanti stop orientati. Un’abilità – il tradizionale stop and go – che gli consente poi di giocare nello stretto, e puntare l’uomo. Potendo quindi sostituirsi a Osimhen nel costringere i dirimpettai a scappare all’indietro. Sforna un succoso manicaretto, degno del re dei pasticceri, Iginio Massari, sotto forma di assist, favorendo il raddoppio di Zielinski, al culmine di una ripartenza mortifera.
(dal 60’ Politano: 6,5)
Ha fatto subito due rincorse per aiutare la squadra sotto la linea della palla, che assumono un valore inestimabile. Ben più di quando alza le marce e genera un mucchio di rischi in zona pericolosa. Inoltre, tiene palla, nascondendola, nella babilonia degli ultimi minuti.
Osimhen: 7
Ormai si sta trasformando in un centravanti multidimensionale, in grado di dimostrarsi efficace anche fuori dall’area, venendo incontro per tenere l’attrezzo o fare da sponda. Oppure esaltarsi lanciato negli spazi, con Perez o Ebosse letteralmente aggrappati alle spalle. Questo scenario ci ha permesso di scoprirne un lato inedito del nigeriano, in occasione del raddoppio. Un animale per come ha tagliato il campo in diagonale, mantenendo il possesso nonostante fosse braccato. E dopo, con quella sana follia mista a lucidità calcistica, ha intravisto un buco, da saturare con il colpo di tacco. Che Lozano ha convertito in passaggio decisivo per la rete del polacco. Brucia le mani di un reattivo Silvestri con un diagonale fortissimo. Il lavoro oscuro nel tenere palla e far respirare la squadra lo innalza giustamente a man of the match.
Elmas: 7
Bisogna riconoscergli grandi doti in copertura, che permettono a Olivera di alzarsi a piacimento, senza doversi preoccupare delle eventuali lacune alle sue spalle: un peso sopportato volentieri dal macedone. Da applausi il classico movimento a stringere, propedeutico al cross per la capocciata assassina di Osimhen. Ha il pregio di mascherare le sue reali intenzioni, sul micidiale contropiede del 3-0, temporeggiando quel tanto che basta per superare in uno contro uno l’avversario e trafiggere il portiere sul primo palo. Silvestri gli nega con un paratone la doppietta.
Allenatore Spalletti: 6
La sensazione che potesse ripetersi la beffa di Sassuolo dello scorso anno, con le sostituzioni forse anticipate un pochino rispetto all’andamento di una gara probabilmente già in ghiaccio, ha aleggiato su Fuorigrotta fino al fischio finale. Magari l’idea di conservare il possesso, abbassando l’intensità, non ha pagato i dividendi sperati. L’Udinese s’è ringalluzzita nel momento in cui ha potuto liberamente alzare il baricentro, non dovendosi preoccupare degli smarcamenti tra le linee. Al di là della lettura nelle rotazioni degli uomini, il Napoli dei venti minuti finali non accetta il caos e continua a lavorare con il possesso di qualità. Senza timore di subire il pareggio. Insomma, emotivamente appare un gruppo motivatissimo e consapevole della propria forza. E questo, innegabilmente, rappresenta il merito principale dell’Uomo di Certaldo.
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