Napoli e Fiorentina hanno dato idealmente il calcio d’inizio alla prima edizione della Supercoppa italiana col format della Final Four. Per gli azzurri, l’occasione di acquisire autostima e ritrovare entusiasmo, nell’ambito di una stagione finora decisamente deludente. Dal canto loro, i gigliati conservano propositi ambiziosi. E vogliono finalmente provare a vincere un trofeo, dopo le due cocenti delusioni patite l’anno scorso, in Conference League e Coppa Italia. Vediamo com’è andata…

Gollini: 6

Generalmente, il modo più proficuo che può avere un “dodicesimo” per apparire insostituibile è farsi trovare sempre pronto. Gollorius partecipa attivamente alla manovra coi piedi. E domina sui palloni alti, veicolando nei compagni una piacevole sensazione di tranquillità. Si accartoccia reattivo su Beltran.   

Di Lorenzo: 6,5

Lo spostamento come “braccetto” destro della difesa è la classica mossa della disperazione, il coup de théâtre che avrebbe dovuto garantire maggiore copertura dietro, lasciando meno spazio agli inserimenti di Brekalo, le volte che stringeva, battendo zone più centrali, per allinearsi a Beltran, alternandosi nell’attacco alla profondità. Scolastico nell’interpretare il ruolo, senza concedersi sbavature, ma pure senza lasciare alcunchè al caso o agli avversari.

Rrahmani: 6,5

Beltran è un attaccante abile più nell’aprire spazi ai compagni, che nel corpo a corpo. Il kosovaro ne limita le velleità, specialmente quando va a prenderlo alto, mettendo le tende addirittura nell’altra metà campo. Un leone di testa, modello contraerei.  

Juan Jesus: 7

Sembra conoscere l’antica ricetta per riuscire a mandare avanti una retroguardia nient’affatto impeccabile. Un’abilità che si regge su semplici principi difensivi: avvinghiarsi a Beltran quando transita negli ultimi sedici metri. Altrimenti, aspettarlo e coprire preventivamente la linea. Con tempismo perfetto, rompe la linea e accorcia ferocemente in avanti, rubando il tempo a Ikoné. Dando il là per l’azione del vantaggio.

Mazzocchi: 6,5

Si incastra alla perfezione con il “quinto” opposto. Molto rischioso concedere spazio a Biraghi, un laterale dalle preponderanti qualità propositive. Ordinato, le cose migliori le fa quando tiene la posizione. Un muscolare, che dà grande sostanza. A venti dalla fine cambia lato, e tiene diligentemente Kayode. Esce sfinito  

(dal 81’ Zerbin: 7)

Si erge a protagonista assoluto nello spazio di un paio di minuti. Taglia alle spalle di Parisi, e mette in ghiaccio la semifinale, attaccando il secondo palo con una vera cazzimmata. Quindi intercetta un rinvio dal fondo e si invola verso Terracciano, che fulmina con una rasoiata precisissima. Non prima di aver tenuto a distanza l’avversario, usando a meraviglia gomito e corpo.  

Cajuste: 6

Tenta di determinare in mezzo sommano qualità tecniche e fisicità. Non si dedica alla creazione ma al consolidamento del possesso. Nondimeno, quando caracolla palla al piede diventa complicato sottrargli l’attrezzo. Bonaventura è un cliente tutt’altro che addomesticabile, difficile da marcare. Perché ha esperienza per leggere dove andare, facendosi vedere in zona luce o svuotare la trequarti. Ma lo svedese non si lascia sicuramente travolgere dagli eventi. Costringendo il “califfo” gigliato a muoversi solo in ampiezza, piuttosto che esplorare la profondità.

(dal 75’ Gaetano: s.v.)

Partecipa alla densità centrale dell’ultimo quarto d’ora.

Lobotka: 6,5

Al cospetto di un avversario impegnativo come Bonaventura, bravo nell’alzarsi forte in pressione, lo slovacco ha saputo girare a suo favore questo tipo di atteggiamento tattico, orientando il gioco senza correre alcun rischio inutile. La scelta di rimanere più basso a supporto dei centrali difensivi è dettata dal comportamento di Beltran, che in base alla posizione della palla, faceva la spola tra Rrahmai e Juan Jesus, schermandoli a turno. Detto questo, non rinuncia alle proprie qualità per un calcio maggiormente conservativo.

Mario Rui: 5,5

Il portoghese è schierato a centrocampo come elementare contromisura per assorbire le situazioni di uno contro uno con Ikoné. Che soffre molto, tant’è vero che lo abbatte ingenuamente, procurando il rigore, poi fallito. Sulla prima costruzione dei Viola scala su Kayode, che ha gamba tonica e voglia di spingere, non tanto per azzardare un recupero, quanto per evitare che il terzino della Under 21 possa mettere in difficoltà il Napoli con i suoi strappi in conduzione.

(dal 71’ Ostigard: s.v.)  

Si piazza là dietro e vede nella baraonda paludosa che la Fiorentina vuole creare nell’arrembaggio finale un’opportunità per mettersi in evidenza.

Politano: 6,5

Conosce i segreti del ruolo. Qualcosa che ha a che fare con l’idea di saturare il binario, oppure accentrarsi. L’atteggiamento sottopalla del Napoli, che vuole difendersi attraverso un ermetico 5-4-1 ne inibisce progressivamente l’ispirazione. Eppure, all’alba del match aveva chiamato alla parata Terracciano, con il tradizionale stop and go, seguito dalla conclusione di interno collo, carica di effetto. Magari pochi lampi, ma quanto lavoro oscuro.

(dal 71’ Lindstrom: s.v.)

Qualche ripiegamento difensivo, che ne certificano la voglia di dimostrarsi comunque utile alla causa.

Simeone: 7

El Cholito si sacrifica nel ruolo di centroboa, lavora spalle alla porta e la squadra prova a coinvolgerlo con delle imbucate centrali, così da riuscire ad arrivare fino al limite dell’area Fiorentina, saltando anche la mediana col lancio lungo dalle retrovie. Il gol è un compendio dei movimenti del vero centravanti. Prima si smarca magistralmente fuori linea. Poi chiude con torsione perfetta il diagonale sul secondo palo. A testimoniare quanto sia on fire, la diagonale salvifica con cui mura Ikoné dopo una decina di minuti. Suda la maglia, impregnandola fino all’ultima stilla di fatica.    

Kvaratskhelia: 6,5

Giocata da urlo in occasione del vantaggio di Simeone. Copre la palla con un velo da videogame: cadendo, taglia letteralmente fuori Milenkovic e mette in moto Juan Jesus. Talento oltraggioso, il georgiano, che usa la proverbiale capacità di accendersi in un amen, per consentire al Napoli di illuminare la transizione. Per stile e tecnica, è uno dei pochissimi a rendere bello e non solamente pretestuoso il dribbling o la sterzata. Capisce che deve sobbarcarsi un surplus di fatica sotto la linea, giocando da ala di raccordo e sistema. Quando può, però, si concede qualche fiammata. Unico appunto di una serata tatticamente impeccabile: sbaglia clamorosamente la diagonale di copertura a Mario Rui, in occasione del rigore.

(dal 71’ Zielinski: s.v.)

Impalpabile.

Allenatore Mazzarri: 7

Inizialmente il Napoli fatica tremendamente all’atto della costruzione. Del resto, non si metabolizza nell’immediatezza un cambio così radicale. La difesa a tre presuppone meccanismi di scalate e scivolamenti impossibili da improvvisare. Distanze tra i reparti, nonché tra gli uomini all’interno della stessa linea, sono fondamentali per trovare i riferimenti in uscita e le tracce di passaggio funzionali a muovere la palla con efficacia. Gli azzurri dunque concedono pochissimo allo spettacolo. Il 5-4-1 in fase di non possesso sa di calcio d’altri tempi. Nondimeno, l’allenatore toscano la porta a casa con notevole pragmatismo.

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