Quanto più in alto vuole spingersi il Monza, a tratti davvero bello e spumeggiante, così appare in caduta libera il Napoli degli ultimi tempi, irriconoscibile nell’ultima uscita contro l’Atalanta, che ha sancito l’addio prematuro dei partenopei a qualsivoglia tentativo di inserirsi in extremis nella lotta all’ultimo posto utile per sbarcare in Champions. Distanti dai Campioni d’Italia (sic…) soltanto tre punti, i padroni di casa credono nella vittoria, e nel conseguente aggancio in classifica. Dal canto loro, gli azzurri vogliono smentire quella sgradevole sensazione di smobilitazione e mantenere aperta almeno la possibilità di qualificarsi per la Conference League. Ecco com’è andata…
Meret: 6
Chiude la partita senza fare nessun intervento. Nel senso che l’unica conclusione dell’intero primo tempo meritevole della sua attenzione arriva da Djuric: peccato che Juan Jesus resti ingenuamente a guardare come una bella statuina. Nella ripresa perde il duello con Colpani: da applausi l’interno collo che El Flaco fa morire all’incrocio. Da recriminare, invece, l’uscita avventata di Olivera e la posizione “piatta” di Juan Jesus: due orrori nella medesima azione pagati a caro prezzo dall’Airone.
Di Lorenzo: 6
Inizialmente fatica, concedendo troppo spazio, in occasione dell’azione che genera poi l’1-0: si dimentica di accorciare mentre l’apertura di Colpani viaggia da un lato all’altro, lasciandolo libero Zerbin di stoppare e poi crossare. Poi fallisce clamorosamente il pareggio, sugli sviluppi di un corner. Dalle sue parti talvolta affonda pure Dany Mota, ed il capitano va in affanno. Insomma, un vero incubo. Va meglio quando il portoghese lascia il campo per infortunio, sostituito da Maldini. Difensivamente, tenta di mascherare con l’applicazione evidenti carenze sul piano della condizione. E’ con la palla tra i piedi che mette in mostra le cose migliori: spinge efficacemente, mettendo in apprensione proprio l’ex compagno di squadra, che obbliga a correre all’indietro, trasformandolo di fatto nel “quinto” della retroguardia monzese. Prende coraggio nella seconda frazione di gioco. Nel momento migliore dei padroni di casa gli capita un ottimo pallone in area, che decide di scaricare con rabbia sui guantoni di Di Gregorio, favorendo il tap-in di Raspadori.
Rrahmani: 6
Tiene alta la soglia dell’attenzione per tenere legata una linea a quattro incerta e senza tanta sintonia. Morde e rilancia senza fronzoli. Aggressivo, attento in marcatura. Quando Djuric transita dalle sue parti e si pianta a copertura della palla, diventa complicato spostarlo. Eppure il kosovaro non arretra di un centimetro. Bravo a dare sostegno a uno svagato compagno di reparto. Interventi poco appariscenti, soltanto in apparenza banali.
Juan Jesus: 5
Comincia malissimo: si lascia beffare con facilità, praticamente immobile su Djuric, che gli taglia comodamente davanti per l’incornata letale. Al di là del vantaggio di testa concesso troppo comodamente, dimostra di essere sempre meno leader di una retroguardia che fa acqua da tutte la parti. In ogni caso, uno con la sua esperienza non dovrebbe mai commettere una leggerezza del genere, soprattutto al primo affondo reale degli avversari. Da lì in avanti, un brivido su ogni pallone, in uscita quando rompe la linea e si alza fino a centrocampo sugli attaccanti di casa. Poco reattivo anche nel chiudere la diagonale e contrastare Colpani, che riapre in maniera sontuosa i giochi immediatamente dopo l’1-3. Ci sarebbe molto da discutere sul fatto che a causa sua il Napoli non sia un fortino inespugnabile.
Olivera: 5,5
Timido e poco spigliato. Nell’affondo offensivo non incide, mentre potrebbe sfruttare la titubanza di Birindelli, per diventare un’arma tattica importante, sovrapponendosi in fascia. Alterna buoni interventi difensivi a qualche amnesia imperdonabile. Tipo l’errata lettura nell’azione del 2-3. Esce sconsideratamente quando invece era opportuno scappare, rimanendo stretto accanto ai centrali, in una sorta di inedita difesa a tre. Rimane a metà strada, titubante se temporeggiare oppure affondare l’intervento, favorendo la transizione del Monza, bravissimo poi a innescare Colpani.
(dal 79’ Mario Rui: s.v.)
Entra bene, con la solita cattiveria agonistica. Non toglie niente, però aggiunge esperienza. E quando sei in vantaggio tutto serve.
Anguissa: 6,5
La solita sostanza in un contesto di lotta, contro un Gagliardini fisicamente tonico e dinamico. Regge a sprazzi nel primo tempo. Non perde mai la calma anche se fatica contro l’aggressività del centrocampo di Palladino. Poi prende coraggio nella ripresa e comincia a correre per due, coprendo non solo la sua porzione di campo ma l’intera mediana. Come al solito ci mette grinta, consapevole che al momento gli difetta la qualità e la brillantezza negli inserimenti palla al piede.
Lobotka: 6
Soffre inizialmente la marcatura dedicata di Colpani, che si accentra per estrometterlo dalla centralità della manovra. La partita non è semplice per lo slovacco, comunque in grado di incidere in entrambe le fasi. Nel primo tempo infatti dimostra di essere a suo agio nelle rincorse e nelle chiusure difensive. Più intercetti, quindi, che sagacia nel ricamare il gioco. Nella ripresa sale in cattedra. E non sbaglia un pallone.
Zielinski: 6,5
Redivivo. Meno mezz’ala, più trequartista, con licenza di svariare. Gioca la sua miglior partita da quando ha acquisito formalmente lo status di svincolato a fine giugno. Cerca di mantenere alta la squadra nel primo tempo, ma è poco supportato. Inoltre, Akpa Akpro lo sovrasta fisicamente, mettendogli letteralmente le mani addosso. In una gara con tanti protagonisti, dà il massimo fino alla fine e svetta sugli altri con uno splendido gol, che si aggiunge alla collezione di perle che lascerà con qualche rammarico all’ombra del Vesuvio.
(dal 67’ Cajuste: 6)
Entra con la consapevolezza che urge essere sveglio e attento avverso l’aggressività nei minuti più roventi del Monza. Rimane lucido, dimostrando che su di lui si può contare.
Ngonge: 5,5
Fumoso, inconcludente. Ha fatto tanta fatica, incidendo poco o nulla. Gli è mancato lo spunto in situazione di uno contro uno. Ma si è fatto vedere raramente anche nell’aiutare Di Lorenzo. Non riesce a tirare fuori nessuna giocata degna di nota, che potesse permettere al Napoli di andare in ampiezza, oppure tagliare alle spalle della compatta linea mediana biancorossa. Sostanzialmente, s’è fatto attendere e non rimpiangere.
(dal 54’ Politano: 7)
Pesante e decisivo per trovare una vittoria sofferta attraverso quell’attitudine naturale al ribaltamento. Letale nella rotazione in fascia con Anguissa, che stimola il cross del camerunese, per la capocciata fortissima di Osimhen. Colpisce immediatamente dopo con una perfetta conclusione: sinistro letale e calibrato che toglie le ragnatele da sotto il sette: postura e approccio alla palla da far rivedere nelle scuole di balistica. Calzona gli aveva tolto (inspiegabilmente…) fiducia, richiamandolo in servizio perdurando lo stato di necessità. E Matteo ha rigenerato il Napoli.
Osimhen: 7,5
Un “animale” da area di rigore. Converte in potenziali situazioni pericolose qualsiasi pallone volutamente indirizzato o soltanto vagamente lanciato dalle sue parti. Sostiene fisicamente il Napoli nei momenti di maggiore difficoltà. Anche sacrificandosi in un lavoro oscuro. Tipo quello del primo tempo, in cui svuotava il cono di luce centrale, per andare a ricevere assai defilato sui lati, e poi riciclare il possesso. Lotta tanto per la squadra ma ha poche occasioni per vedersi in area e tirare in porta nel primo tempo. Poi prende l’ascensore e mangia in testa ai difensori, spaccando la porta con una sassata di testa paurosa per timing ed esplosività degli arti inferiori. A quel punto, on fire come nelle giornate dello Scudetto, comincia a involarsi verso la porta. Fa le sponde, riparte e si carica la squadra sopra spalle. Controfigura perfetta del centravanti moderno.
Kvaratskhelia: 6
Birindelli lo marca in maniera asfissiante, e dove non arriva con corsa e applicazione, sopperisce ricorrendo a qualche bella “stecca”. Ma il georgiano resta dentro alla partita, con grinta e partecipazione. Sembra in buone condizioni atletiche e mentali, nonostante spazi ce ne siano pochi, e le botte abbondino. Ottimo segnale in vista dell’ultimo pezzo di stagione. Sempre affascinante con il pallone tra i piedi, sfrutta qualche strappo per calciare a rete.
(dal 67’ Raspadori: 6)
C’è il suo zampino decisivo nella vittoria odierna: la sua intelligenza nel seguire l’inserimento di Di Lorenzo, arricchito dalla precisione nel tap-in trasforma i dubbi in certezza. Una perla da attaccante vero, mortifero nel muoversi negli spazi aperti dagli altri, come una vera seconda punta.
Allenatore Calzona: 6
Al Napoli del primo tempo manca intensità, concentrazione e spirito di sacrificio. La sua squadra gioca una partita imperfetta. Ma lui non reagisce, manco i suoi stessero facendo cose buone, piuttosto che caracollare pigramente per il campo. Sceglie Ngonge, che non spinge, tantomeno ripiega a dare una mano sottopalla. Rispolvera Zielinski, un attestato di raziocinio, perché in teoria il polacco è l’unico in grado di inserirsi con qualità. Ma il Piotr della prima frazione si limita al compitino. Come dargli torto alla luce dello spettacolo indegno offerto per 45’ se sembra non credere affatto al progetto di rimonta, proponendo il medesimo undici inconcludente pure nella ripresa. Nondimeno, dopo un’oretta tenta di mischiare le carte, affidandosi a Politano: due virtuosismi individuali di Matteo sciolgono la gloria. Azzeccato pure il cambio di Kvara con Raspadori: dimostra coraggio, personalità e sicurezza nelle proprie idee, accantonando il georgiano. Il risultato a fine partita indica che gli azzurri crescono alla distanza. Quel quarto d’ora dominate e divertente indica che sono sulla strada giusta, almeno per inseguire la zona Coppe meno nobile.
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