Il big-match di San Siro arriva proprio nel momento giusto. A pochi giorni dalla vittoria sull’Arsenal, per l’Inter, vogliosa di confermare quanto di buono dimostrato contro i “Gunners“. Ma anche dopo che il Napoli capolista ha perso il primo scontro diretto. E allora intende mandare un segnale forte alla concorrenza: l’Atalanta rimane un incidente di percorso. Vediamo com’è andata…
Meret: 5,5
Non c’è mai niente di scontato nelle partite dell’Airone, chiamato a superare i suoi limiti attraverso interventi efficaci. A caccia di una conciliazione che convinca quelli ideologicamente schierati “contro”, da chi non sopporta il tipico tormentone “questo non fa una parata” e intende giudicarlo esclusivamente per la bontà delle sue prestazioni. Beh, stasera tenta di sbloccare gli intricati meccanismi che regolano simpatie e antipatie, mostrando innegabile reattività sulla conclusione di Acerbi (39’). Insicuro poi nell’approccio alla parata sul tracciante di Calhanoglu: il turco calcio con le tre dita più esterne del piede, imprimendo una rotazione assassina al pallone. Ma lui spinge poco sulle gambe. Nella ripresa, si riscatta parzialmente respingendo i tiri di Dimarco (67’) e Barella (77’). Vola sulla capocciata di Lautaro, cancellata poi dall’offside.
Di Lorenzo: 6,5
Ha fatto meglio in difesa che proponendosi in avanti. In una partita del genere il Napoli rischiava seriamente di soffrire, specialmente nelle transizioni. Ma il capitano è stato molto attento nell’assorbire gli strappi di Dimarco o le sovrapposizioni interne di Mkhitaryan. La catena mancina di Inzaghi funziona a meraviglia. Tra l’altro, contribuisce a sovraccaricare quella porzione di campo pure Bastoni. Allora Di Lorenzo ci mette applicazione.
Rrahmani: 7
Se un anno fa era difficile definirne il rendimento, troppo svagato e distratto per essere reale, oggi la vicinanza con Buongiorno ne ha cambiato i connotati. A testimoniarne la crescita, non solo la fisicità. Le caratteristiche di Thuram ne assecondano l’applicazione nei 90 minuti. Come se ne occupa il kosovaro di un attaccante di razza difficilissimo da ammaestrare, alla stregua dei puledri da rodeo, è lodevole. Si vede che non è naturalmente portato alla costruzione, però quando si tratta di giocare la palla rimane sempre concentrato, facendo da ottimo complemento per l’altro centrale. Sul calcio d’angolo da cui scaturisce il gol, scippa l’intercetto a Thuram, favorendo così il tocco sottomisura di McTominay.
Buongiorno: 7
Ha dimostrato per l’ennesima volta di essere la colonna su cui si reggono gli azzurri: muro e tentacoli difensivi. Oltre che eleganza col pallone tra i piedi. Per un centrale la concentrazione è imprescindibile. Indubbiamente, l’avversario aiuta a mantenere alta la soglia dell’attenzione, ma l’ex Toro si muove benissimo in relazione agli spostamenti di Lautaro Martínez, offrendo una prestazione totale. Con dosi abbondanti di qualità, quando c’era da rompere la linea e accorciare in avanti, mista a quantità nelle chiusure. La diagonale salvifica su Pavard al 16’ da far vedere in tutte le scuole calcio della penisola. L’uno contro in campo aperto con Thuram è la situazione peggiore che un difensore possa avere: Buongiorno disinnesca pure quella.
Olivera: 6,5
Cosa c’è di più controverso di un laterale riciclato in splendido “braccetto” da Bielsa. Peccato che il pretoriano de El Loco pare rimasto intrappolato con la testa nella Copa América, dove spadroneggiava. La sua traiettoria in Serie A sta avvicinandosi progressivamente al rendimento con l’Uruguay. Soffre tremendamente uno sfuggente Dumfries, prototipo inafferrabile del laterale a tutta fascia che supporta la manovra offensiva. Evidente come il numero 17 sia poco a suo agio, sia quando deve gestire il pallone, che nelle scelte difensive. Perciò resta in posizione, con un occhio sull’olandese e l’altro dedicato a Barella, che minaccia la profondità, buttandosi nel mezzo spazio. All’alba della ripresa immalinconisce Lautaro, lanciato pericolosamente verso Meret, con una copertura eccezionale.
Anguissa: 6
E’ un punto di riferimento lì nel mezzo. La sua predisposizione al sacrificio lo porta a contrastare energicamente Mkhitaryan: il camerunese non toglie mai il piede, nemmeno nelle situazioni più scabrose fa un passo indietro. Quando l’Inter ha alzato l’intensità del pressing, la sua capacità di uscire con la palla in spazi stretti ha permesso di soffrire un pò meno. Inoltre, resta tranquillo sotto pressione, offrendo al possessore una linea di passaggio pulita.
Gilmour: 6
Conte gli affida ancora la regia, nonostante Lobotka abbia pienamente recuperato dall’infortunio. E lo scozzese dimostra la voglia di riappropriarsi della centralità nella manovra. Tiene viva la resistenza della squadra al cospetto della pressione esercitata dai nerazzurri, provando a superarla con qualità nei passaggi. Consapevole dell’assoluta necessità di non prendersi rischi inutili, continua a dettare il ritmo della manovra. A certificarne l’importanza, il fatto che gli venga affidato il compito di andare a portare pressione sulla principale fonte di gioco interista (Calhanoglu).
(dal 59’ Lobotka: 6)
Era mancata la costanza delle sue interazioni. Oggi i compagni hanno ritrovato in mezzo al campo un giocatore determinante. Una sicurezza che dopo il suo infortunio aveva messo un pò in dubbio il calcio posizionale pensato da Conte in fase di possesso. Perfetto in appoggio alla in fase difensiva, correndo all’indietro e non solo in avanti. Sempre pronto a farsi trovare nella situazione giusta.
McTominay: 6,5
Forse è la risorsa in organico che più facilmente si è adattata allo stile di gioco implementato da Conte. Che vuole avere un elemento che può essere coinvolto nella risalita del pallone e pure occupare posizioni avanzate, tipo allinearsi con profitto al centravanti. Sostanzialmente, copre e contrasta. Al contempo, agisce in maniera funzionale dalla trequarti in su, con i suoi movimenti in avanti, nient’affatto conservativi. Insomma, si vede chiaramente che è uno degli attori principali del calcio fluido dell’allenatore salentino, perfettamente allineato con le idee dell’allenatore salentino. Un tuttocampista di grande affidabilità.
Politano: 6
La parte più semplice da raccontare della sua prestazione è la ricerca dello spazio, attraverso giocate scomponibili: l’ampiezza con cui approccia il confronto con Dimarco, o il corridoio intermedio, entrambi esplorati in dribbling. Cerca di prendergli il tempo, attaccandolo alle spalle. Oppure frena e viene incontro, generando separazione per ricevere sui piedi. Finisce con l’esitare ma urge sottolineare quanto si sacrifichi sottopalla. D’altronde, i “quinti” sono fondamentali nella proposta di gioco di Inzaghi, che costringono Matteo a svolgere un lavoro molto intenso nella fasi di non possesso.
(dal 83‘ Ngone: s.v.)
Occorre avere polmoni e tecnica, nonché essere pronti ad entrare in partita mentalmente, per connettersi subito coi compagni.
Lukaku: 5,5
Quello che accade nella trequarti offensiva evidenzia l’indole quasi ancestrale del modo come Big Rom interpreta il ruolo. Un attaccante che vive la partita sull’onda di una sfida continua con Acerbi. Entrambi, ovviamente, assecondano l’istinto di metterla sul piano fisico. Per il belga non è tanto (o solo) una questione di fare a sportellate e poi puntare verso Sommer. In questo momento della stagione, in cui si vede poco sotto rete, è comunque lucido nel seguire il flusso della partita: capire quando temporeggiare o provare a forzare la giocata.
(dal 76’ Simeone: s.v.)
Nel momento in cui Conte si ritrova con le carte sparigliate e un buco in attacco, fa alzare dalla panchina El Cholito. Che non gioca sempre ma fa cose estremamente utili alla causa azzurra. Anche qui il Dio del calcio si rivela crudele con l’argentino: pressoché impossibile negare che abbia avuto al tramonto della partita l’opportunità per vincerla. Ma il destro incrociato si alza sopra la traversa.
Kvaratskhelia: 6
Il georgiano sente l’occasione propizia, perché San Siro è il posto giusto per consacrarsi come uno degli esterni più forti d’Europa. Tuttavia, di giocate con cui contribuisce attivamente a scombinare la struttura difensiva dei nerazzurri se ne sono viste pochine. Talvolta saltare l’uomo appare l’unica soluzione a qualsiasi problema gli venga posto da Pavard, sempre pronto invece ad assorbirne finte e sterzate, senza farsi seminare con irrisoria facilità. Perde banalmente il pallone nell’azione che favorisce la ripartenza dell’Inter, capitalizzata poi dal rigore.
Allenatore Conte: 7
È stata un’affermazione di personalità, da squadra vera, che nel momento di maggiore difficoltà emotiva ha saputo sparigliare le carte. In primis con una mossa inaspettata. Da manuale la strategia pensata per imbrigliare il gioco dell’Inter, rovesciando il triangolo di pressione, così da trasformare Gilmour nel vertice alto che si alza su Calhanoglu. Un gesto che però in talune circostanze ha reso complicata la vita allo scozzese nel farsi trovare puntuale all’appuntamento con la costruzione. La partita l’ha incartata Conte. Pur non giocando in modo sempre brillante, contando tuttavia sulla proverbiale eccellenza nella copertura degli spazi. Modulando l’intensità e non facendo mai calare la concentrazione dei suoi. Tanti i protagonisti: una coppia centrale principesca, due terzini magistrali. Ed un centrocampo costruito sui muscoli ed il cervello fino. Se recupera alla causa azzurra Lukaku e Kvara, che stanno un po’ latitando – almeno sotto porta, perché sul piano del sacrificio nel lavoro oscuro, non di discutono -, ne vedremo delle belle.
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