L’Inghilterra voleva invertire un destino beffardo: cancellare la strisciante ironia di chi gli riconosce di avere inventato sì il calcio, ma esclusivamente per veder vincere gli altri. La Spagna intendeva legittimare la piacevole sensazione che il classico tiki-taka abbia fatto un passo in avanti, subendo un evidente arricchimento. Non più solo possesso palla ossessivo, con cui chiude nella propria metà trequarti l’avversario di turno, costringendolo a lunghe e scomode fasi di difesa posizionale. Ma la capacità di trovare altri modi per risalire efficacemente il campo. Andando subito in verticale, oppure mantenendo la superiorità numerica iniziale coinvolgendo maggiormente di Unai Simón.  

Circostanze che hanno convinto Southgate della necessità di dover adattarsi alle caratteristiche della controparte. Ecco perché stasera le difficoltà nel sottrarre il pallone dai piedi degli iberici non hanno destabilizzato i “Bianchi”. Anche se il livello tecnico degli uomini di De La Fuente sembravadavvero troppo alto per il blocco sottopalla predisposto dall’allenatore inglese. Che invece ha contrastato l’enorme qualità individuale degli spagnoli, tutti in grado di parlare la medesima lingua calcistica, con un approccio tattico pressoché perfetto. Scegliendo inizialmente di coprire attentamente gli spazi, piuttosto che orientarsi sull’uomo, attraverso due linee ordinate e compatte da quattro. Con Bellingham che scivolava lateralmente, e Foden allineato a Kane, si copriva l’ampiezza, schermando contemporaneamente il gioco interno.  

La grande densità centrale ha tolto qualsiasi velleità a Fabián Ruiz, incapace di sviluppare un possesso prolungato sul corto, funzionale a scaricare poi eventualmente al compagno libero. Impossibilitato a creare continuamente zone di superiorità numerica, il centrocampista del PSG è apparso un po’ frastornato nel primo tempo. Perciò ha preferito non forzare i passaggi, gestendo i tempi del giropalla con pause, alternate ad accelerazioni.

Equilibri contrapposti

Del resto, la nazionale dei “Tre Leoni” ha tolto la corse in campo aperto dal repertorio della Spagna. Costringendola pure a preoccuparsi. Specialmente di quello che accadeva a sinistra. Con Shaw molto aperto in fascia, infatti, il c.t. iberico preferiva tenere alto Lamine Yamal, affidando la cura del terzino a Carvajal. A quel punto, quando Bellingham occupava lo spazio lasciato incustodito, costringeva Le Normand a rompere la linea e mettere le sue fiches sul duello individuale.

Eppure riuscire a contenere le transizioni delle “Furie Rossse” non era affatto un compito semplice. Tant’è vero che proprio la mismatch sugli esterni ha cominciato a inclinare pericolosamente il match dalla parte della “Roja”, ribaltando una gara sostanzialmente equilibrata. Al di là della straordinarietà della giocata di Yamal, in occasione dell’1-0, che si smarca nel mezzo spazio e riceve il filtrante. Generando, a catena, una serie di movimenti che si propagano negli ultimi sedici metri. Con l’assist per l’accorrente Nico Williams, destinato a battere a rete senza nessuno a contrastarlo.

Però è interessante notare le premesse che hanno determinato il vantaggio. In effetti, Yamal e Williams si isolavano nella loro zona di campo preferita, in ampiezza, affrontati da Walker e Shaw. Una situazione decisamente vantaggiosa, perché permetteva ai ragazzini terribili di ricevere palla sui piedi e accelerare. Costringendo i terzini dell’Inghilterra a mantenere una distanza di sicurezza, onde evitare di farsi saltare in dribbling. Così facendo, però, gli offensive players iberici potevano avere tempo e spazio per mettersi in proprio, puntando e dopo rientrando verso l’interno. Quello, cioè, che ci si aspettava dalla forza del loro talento.

Applausi e poche recriminazioni

L’infortunio di Rodri, rimasto all’intervallo negli spogliatoi, sembrava non aver pregiudicato la manovra spagnola. D’altronde, Zubimendi è un centrocampista orientato a supportare adeguatamente il palleggio. Nondimeno, nel momento migliore degli iberici, l’Inghilterra ha pareggiato, con una splendida ripartenza. Sin troppo semplice per Saka convertire in vantaggio un atteggiamento distratto della difesa, non particolarmente attiva nelle preventive. L’esterno dell’Arsenal riceve coi piedi sula linea, quindi, stringe prepotentemente per attaccare la linea. Da lì in poi i britannici spostano sontuosamente la palla: Bellingham fa la sponda per Palmer a rimorchio, che incrocia sul palo lontano.  

Insomma, la differenza tra due grandi nazionali, ciascuna determinata a mettere in campo l’intero patrimonio tecnico-tattico dei propri organici, non l’ha prodotta il caso. Perché potevano vincere entrambe. Non è stato un caso se due gol su tre nascono dai giocatori usciti dalla panchina. Segno che entrambi i commissari tecnici hanno attinto a piene mani e senza alcuna remora dalle risorse disponibili.

La Spagna ha vinto con merito. L’Europeo non cade certamente dal cielo. Nessun regalo dagli Dei del pallone. La squadra di De La Fuente legittima il titolo continentale attraverso il Gioco (doverosa la maiuscola…). Ma l’Inghilterra che non riesce a sfatare il tabù di bella e perdente merita l’onore delle armi. A Southgate resta il rimpianto del doppio salvifico salvataggio nel recupero: prima la parata di Unai Simón, immediatamente reiterata da Olmo, che respinge sulla linea la capocciata a colpo sicuro di Guhei.

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