Il Napoli che verrà, con Luciano Spalletti in panchina, avrà una identità tattica ben precisa. Innanzitutto, dovrà essere una squadra capace di dare del tu al pallone, con una grande confidenza tecnica e qualitativa. Quindi, possesso e costruzione dal basso definiranno il calcio prodotto dagli azzurri. Non trascurando poi la volontà di resistere al pressing attraverso il mantenimento dell’attrezzo.

Chiaramente, una volta consolidato il giropalla, sarà necessario finalizzare efficacemente la fase proattiva dell’azione. In quest’ottica, nel corso delle sue precedenti esperienze, l’allenatore toscano ha sviluppato modi diversi di attaccare la porta avversaria. Strettamente connessi alle caratteristiche del centravanti schierato in quel preciso momento storico.

Nell’arco della sua carriera, dunque, l’uomo di Certaldo ha alternato giocatori assai diversi tra loro per modalità interpretative del ruolo. Cerchiamo di comprenderne le motivazioni…

Astrarsi dalla fisicità verticale di Osimhen

Indubbiamente, avendo un giocatore come Victor Osimhen, a suo agio quando, trovandosi di fronte a spazi aperti, può andare facilmente in profondità, Spalletti vorrà gratificarne le affinità nello sfruttare le transizioni. Immaginando per il “suo” Napoli un approccio più diretto.

E’ innegabile che il nigeriano, almeno in questa fase della crescita professionale, deve completare appieno la sua maturazione.

Devastante in determinate circostanze, si smarrisce se deve cucire il gioco con i trequartisti. In campo lungo, non si piglia. Ma di venire a giocare tra le linee, accorciando in appoggio ai compagni nella zona della palla, non vuole saperne. E’ una situazione a lui poco congeniale. Che non gli appartiene ancora del tutto.

Nondimeno, considerarlo esclusivamente un giocatore dalla debordante fisicità verticale sarebbe alquanto limitativo.

Del resto, il finale di stagione obbliga a ripensarne totalmente l’impiego. Specialmente alla luce di certe scelte. Per esempio, il secondo gol del Napoli contro la Fiorentina – assist di Insigne e tiro di Zielinski – nasce da un cambio campo illuminante.

Insomma, la nuova gestione potrebbe aiutare Osimhen a fare il definitivo salto di qualità, in termini di letture del gioco e intuitività lontano dalla porta.  

Mauro Icardi diverso da Dzeko

Giocar fuori per andare poi dentro era parte integrante del dna offensivo di Mauro Icardi. Sollecitato proprio da Spalletti, che ha cercato di modulare flussi di gioco alternativi a quelli tradizionali per l’argentino, quando allenava l’Inter.

Così, Icardi è riuscito a dimostrare di possedere anche una discreta visione di gioco. Che associata ad una sopraffina tecnica nel passaggio, giustificavano (in parte…) le sontuose richieste di aumento d’ingaggio, portate avanti continuamente da Wanda Nara. Ovviamente, pervicacemente ostinata nel ruolo di agente, piuttosto che come amorevole compagna di vita.

In effetti, è stato il tecnico toscano ad insistere con Maurito a muoversi più spesso lontano dall’area di rigore, spalle alla porta. Ne ha stimolato la voglia di allargare progressivamente il suo raggio d’azione, abbandonando la comfort zone degli ultimi sedici metri.

Discorso agli antipodi per Edin Džeko. Tornato nella Capitale, Spalletti gli ha affidato la capacità di fare da sponda su cui appoggiare i lanci lunghi.

Aggredendo l’ultima linea, il corazziere bosniaco (1.93 cm per 80 kg) costringeva i difensori a correre all’indietro, allungando lo spazio con i centrocampisti, in maniera tale da sgranare lo compattezza tra i reparti.    

“Falso nueve” marchio di fabbrica di Spalletti

Non bisogna trascurare un piccolo particolare. Il 4-2-3-1 viene unanimemente considerato il marchio di fabbrica della prima Roma di Spalletti. La genesi di quel sistema, dall’indole marcatamente offensiva nacque, tuttavia, per fronteggiare una situazione d’emergenza. Senza attaccanti, Lucianone dovette letteralmente inventarsi Francesco Totti come prima punta.

A Marassi, contro la Sampdoria, la voglia del Pupone di riempire e svuotare l’area, disarticolando la compattezza difensiva dei padroni di casa, fu talmente convincente, da sancirne stabilmente lo spostamento in qualità di vertice alto dell’intero offensive game giallorosso.

Per approfondire, leggi pure questo

Segui anche persemprecalcio.it