E’ innegabile che Vincenzo Italiano sia uno dei papabili a ereditare la panchina del Napoli, ormai orfana di Luciano Spalletti. Il tecnico della Fiorentina, infatti, rientra tra i (tanti…) candidati, nel casting virtuale messo in scena da Aurelio De Laurentiis per trovare una nuova guida. Nonostante il presidente, a margine della conferenza in cui veniva presentato il ritiro degli azzurri in Abruzzo, ventiquattr’ore fa, abbia bluffato clamorosamente, smentendo tale ipotesi (“Se Italiano dovesse decidere di rompere gli equilibri col suo club, allora, a quel punto lì, potrei anche prenderlo in considerazione…”).
Evidente il motivo per cui il produttore romano abbia avuto un atteggiamento così caustico nei confronti di Italiano: consentire alla Viola di giocarsi la Conference League, senza alcun condizionamento esterno. Adesso che anche l’ultimo obiettivo stagionale è naufragato, però, la trattativa potrebbe subire una improvvisa accelerata. Del resto, lo stesso allenatore gigliato, al termine della partita contro il West Ham, ha risposto senza tanti giri di parole alle domande sul suo futuro: “Se resto alla Fiorentina? Il presidente Commisso è stato chiaro, dovevamo finire prima le finali. Non c’è altro da aggiungere, ci si siede e si parla serenamente di tutto…”.
Indizi e non prove inconfutabili
Insomma, pur non nascondendo l’amarezza per l’ennesima Coppa sfuggita immeritatamente dalle mani, proprio come era capitato con l’Inter, al culmine di una gara tutto sommato giocata assai meglio dell’avversario, Italiano sembra pagare dazio a causa di gravi leggerezze in fase di non possesso.
Un’atroce similitudine, dunque, che accomuna le letture della Fiorentina. Capace di dominare per larghi tratti il gioco, ma difensivamente abbastanza distratta. Incredibile, effettivamente, la somiglianza per le reti costate due trofei: in Coppa Italia, Quarta si fa bruciare da Lautaro Martínez. Ieri sera è toccato a Igor perdersi Bowen.
In entrambe le circostanze, l’impressione che la difesa alta su palla scoperta sia stata un azzardo, non è campata in aria. Tanto basta, ai soliti fustigatori, per mettere Italiano sul banco degli imputati, accusato di interpretare strategicamente certe sfide in maniera eccessivamente rischiosa. Quindi, sostanzialmente, da etichettare alla stregua dell’Uomo di Certaldo. Ovvero, un “perdente di successo”.
Orbene, per tentare di ribaltare questo giudizio affrettato, occorre fare una precisazione di carattere tattico. Se è vero che al fischio finale, durante la festa degli Hammers, le telecamere hanno pizzicato il rimprovero del tecnico a Igor (“Scappa prima...”), in occasione del 2-1, rimarcato poi in sala stampa dallo stesso Italiano (“Doveva scappare all’indietro e prendere un metro di vantaggio sull’avversario…“), bisogna aggiungere che non è tendenzialmente sbagliata la scelta di alzare tantissimo la linea.

Quanto piuttosto l’errore nella postura del centrale brasiliano. Il classico posizionamento “piatto”, cioè con i piedi paralleli di fronte al possessore. Un tipo di appoggio che ne inibisce la reattività rispetto al movimento ad aggredire la profondità dell’attaccante inglese. In grado, quindi, di rubargli tempo e spazio. Diciamo che la tecnica di corsa corretta sarebbe stata invece quella della divaricata antero-posteriore.

Nessun integralismo tattico
Chiaramente, a prescindere dal Mister accomodato in panca, non sapremo mai se un difensore dall’indole maggiormente esplosiva nel primo passo avesse potuto impattare come una supernova su quella giocata, disinnescando il filtrante.
Incontrovertibile, tuttavia, l’idea di schierarsi (giustamente…) a metà campo. D’altronde, sulla rimessa lunga del portiere sarebbe un controsenso bloccare la retroguardia poco oltre l’area di rigore: arduo, a quel punto, contendere eventualmente, una “seconda palla”. L’errore, semmai, sta nella mancanza di marcature preventive. Bastava, per esempio, che Biraghi seguisse con un attimo di anticipo il taglio alle spalle di Igor, per compensare la parità numerica difensiva.
Insensato, allora, additare Italiano come un allenatore esageratamente integralista. Una etichetta non necessariamente connessa ai risultati. La Fiorentina produce calcio e genera entusiasmo. Nondimeno, subisce due rimonte che veicolano in tifosi e addetti ai lavori la sensazione di essere una squadra bella, ma pure tremendamente fragile. Dimenticando che in campo ci vanno i calciatori.
E a occhio e croce, quelli attualmente in rosa al Napoli potrebbero adattarsi perfettamente al sistema proattivo praticato da Italiano.
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