Sulla scorta delle indicazioni tratte a Euro2024, appare evidente che Spalletti, onde evitare la terza mancata qualificazione consecutiva, dovrà affrontare il tempo che porta al Mondiale con l’esigenza di costruire un’Italia maggiormente competitiva, se rapportata a quella vista in Germania. L’Uomo di Certaldo, dunque, è chiamato a rinnovare la Nazionale. Un processo che aveva già parzialmente cominciato, “pensionando” alcuni degli Eroi di Wembley 2021: Insigne, Immobile, Verratti, Bernardeschi, Bonucci e Chiellini.
Peccato che la progettualità proiettata sul prossimo biennio si scontri con l’urgenza del risultato ad ogni costo. Insomma, accantonati i primi dieci mesi di gestione, e la rassegna continentale in Germania da cui potevamo aspettarci qualcosina in più rispetto all’eliminazione agli ottavi, adesso il c.t. deve fare i punti necessari per andare in Nordamerica nel 2026. Dare una precisa identità all’Italia, ringiovanendo il gruppo. Accantonando chi non l’ha convinto, o non gli ha garantito le risposte che pretendeva, per mancanza di personalità. Oppure limiti tecnico-tattici.
Cercando con forza energie nuove. Perché, escludendo la vittoria inaugurale con l’Albania, decisamente meritata, seppur in rimonta, le altre gare dell’Europeo hanno veicolato in tifosi e addetti ai lavori la sgradevole sensazione che il momento di rifare le valigie per tornare a casa era imminente. Quindi, l’eliminazione nient’affatto inaspettata. Lecito perciò domandarsi, a una sessantina di giorni dall’esordio in Nations League, al “Parco dei Principi”, chi farà parte della lista dei convocati destinati ad affrontare la Francia.
Scamacca e Jorginho deludenti
Innanzitutto, bisogna capire quale sarà il sistema di riferimento. Il campionato ha dettato una linea che trascende dalla moda passeggera. Ormai in Serie A in tanti difendono a tre, con i “braccetti” a tutta fascia. Questa semplice riflessione impone al commissario tecnico una scelta inderogabile, che gli permetta di utilizzare al meglio il materiale a sua disposizione. Assecondando le inclinazioni naturali di centrali abituati a muoversi in situazione di uno contro uno. Che magari non hanno come opzione costante la palla. Bensì, l’avversario diretto. Ergo, più portati a rompere l’allineamento ed uscire forte sull’uomo.
Un altro compromesso che forse dovremo aspettarci nell’immediato da Spalletti è l’accantonamento del possesso come prerequisito funzionale a costruire dal basso, attraverso il proverbiale palleggio intenso e qualitativo. Inevitabile cercare alternative plausibili in regia, con Jorginho fisicamente logoro, che pare aver imboccato il viale del tramonto. Del resto, la mancanza di dinamismo del “brasiliano” ha contribuito non poco al fallimento della spedizione europea, rendendolo di fatto il giocatore più marcato della Nazionale. Urge in ogni caso avere la consapevolezza della penuria di interpreti di spessore nel ruolo di metodista. Lacuna che l’Italia potrebbe sopperire rinunciando a questo tipo di sviluppo, a favore di un calcio meno ragionato, che privilegi invece la fisicità di mezzali portate a corsa e inserimento.
Focalizzando l’attenzione sulla cronica carenza di attaccanti di assoluto livello nel calcio italiano, il problema reale rimane la finalizzazione. Se davvero Spalletti puntasse volutamente su un gioco più diretto e verticale, con l’idea di attirare in avanti gli avversari e dopo andare in transizione negli spazi, manca comunque un centravanti all’altezza delle aspettative. Palese l’inconsistenza di Scamacca nell’associarsi coi compagni. Affidargli la “numero nove” non ha pagato dividendi, nè in termini prestazione individuale: troppo debole nelle sponde, non ha garantito nessuna scorciatoia per risalire velocemente il campo col lancio lungo, “fissando” i difensori avversari nella loro metà campo. Tantomeno di incidenza sulla manovra collettiva, confusa e incapace di contrastare il possesso palla in zone avanzate, cioè nella trequarti altrui.
Rompicapo Chiesa e Raspadori
Assodato che Retegui è uno specialista dell’area di rigore, da stimolare esclusivamente attraverso un crossing game esasperato, che non rientra nelle corde di questa Nazionale, presumibile, allora il tentativo di riciclare come sottopunta Raspadori. Abile a supportare chi occupa gli ultimi sedici menti. E al contempo, connettersi con laterali e centrocampisti.
Tuttavia, se Spalletti accantona il modulo fluido, a favore di un tradizionale 3-5-2, poi deve trovare una collocazione tattica a Chiesa. Devastante se supportato dalla squadra, che consolida il possesso da un lato, per favorire il ribaltamento verso l’esterno opposto, isolandolo in situazione di uomo contro uomo: le sue comfort zone sono ampiezza e linea laterale. Sostanzialmente inefficace imbrigliarlo nella rigidità degli spostamenti codificati che si pretendono dalla seconda punta.
La possibile soluzione potrebbe essere quella di schierarlo esterno destro, con gli equilibri di squadra bilanciati sulla fascia mancina da un omologo bloccato. Ma Dimarco è uno che spinge come un treno, non interpreta certamente il ruolo in modo conservativo. In definitiva, si prospetta un bel rompicapo, che il commissario tecnico dovrà necessariamente decodificare.
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