Inter–Napoli rappresenta il classico scontro tra deluse. Peccato che l’eliminazione dalla Champions League, per la capolista della Serie A rappresenti solo un passo falso all’interno di un’annata vincente, che dovrebbe culminare in ogni caso con lo scudetto. Onestamente, 16 punti di vantaggio sulla seconda, con ancora dieci partite da giocare, sono un margine difficilmente sperperabile, che permetterà a Simone Inzaghi di vincere il suo primo campionato. Ed alla squadra di cucirsi sul petto la seconda stella. Immaginare che ora possano entrambi suicidarsi appare poco plausibile.
Ergo, il risultato con l’Atletico Madrid non può assolutamente inficiare il giudizio positivo sulla stagione interista. Magari ha riportato di forza l’Inter coi piedi per terra. Ma è impossibile demolirne il morale.
Tra l’altro, la Coppa dalle Grandi Orecchie è uno scenario particolare, quasi crudele, in cui spesso le partite da dentro o fuori vengono decise attraverso sfumature minime. Perché la rete di Dimarco aveva messo le cose in discesa, in virtù dell’1-0 dell’andata a San Siro. Serve l’intuizione di Antoine Griezmann, che approfitta della goffa svirgolata di Pavard, per minare le certezze nerazzurre. Da lì in avanti, i Colchoneros annusano l’odore del sangue, mentre l’Inter gioca col cronometro. Fino al gol di Depay, che manda la contesa ai supplementari. Quando si arriva all’epilogo ai rigori sono poi le intuizioni del momento ed il sangue freddo a fare veramente la differenza.
Amarezza Napoli
L’eliminazione dalla Champions, invece, lascia nel Napoli un evidente retrogusto amarognolo. Colpa di gol scriteriati incassati nell’arco di un paio di minuti. Dettagli da incubo, che hanno sostanzialmente indirizzato le sorti del confronto. Gli azzurri avevano anche assaporato la rimonta. Peccato, quindi, per la irrazionale gestione dell’approccio iniziale alla gara. Il Barcellona ha proposto la solita eccellenza, tra tiki-taka e pressing alto, su cui i partenopei non hanno trovato risposte adeguate. Così l’incapacità di contenere le transizioni in campo aperto ha vanificato la reazione, una volta accorciate le distanze. Insomma, rientrati in partita, i Campioni d’Italia hanno fatto (più o meno…) tutto quello che potevano per pareggiare. Costruendo occasioni pericolose, oltre a recriminare su qualche decisione arbitrale alquanto discutibile.
Dunque, lecito chiedersi, andando a ritroso nel match del Montjuïc, se il Napoli comunque fosse in grado di fare di più. E ogni dettaglio sembra quello decisivo, poiché non è raro che questa squadra, con le sue omissioni, esasperi pregi e difetti, palesando una inevitabile schizofrenia. La tipica fragilità mentale, che si rivela una inesorabile zavorra in negativo.
Anche se l’atteggiamento complessivo degli uomini di Calzona è stato incoraggiante, il mancato approdo ai Quarti lascia un mucchio di pensieri negativi: rabbia, amarezza e pure disperazione, per una stagione che si avvia tumultuosamente verso il fallimento. Causa una matassa di fattori – tecnici e gestionali – piuttosto aggrovigliata.
Del resto, pesano come un macigno i limiti piuttosto evidenti di una rosa con grandi lacune, per giocarsela alla pari a certi livelli, nonostante De Laurentiis abbia fatto finta di non vederli in questi mesi. Adesso all’ombra del Vesuvio si taglia col coltello la paura che il presidente voglia ridimensionare fortemente le sue ambizioni, veicolando nei tifosi un timore paralizzante circa il futuro della società ai vertici del calcio italiano.
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