Diego Demme ha dato un esempio di grande professionalità con la Salernitana. Non gioca praticamente mai, perennemente sul piede di partenza. Prima in estate, adesso in questa finestra di mercato. Lasciato desolatamente ad ammuffire in fondo alla panchina, non si sa bene per quale recondito motivo. Inspiegabile l’ostracismo palesato nei suoi confronti dal Napoli.

Nondimeno il tedesco, piuttosto che intristirsi, mestamente ai margini delle rotazioni, si fa trovate pronto. Nelle uniche due occasioni in cui che viene chiamato in causa, infatti, ha sempre fornito il suo apporto. Non dimentichiamo che all’esordio stagionale in Coppa Italia, contro il Frosinone, la sua regia ordinata e senza fronzoli aveva comunque contribuito a tenere in partita gli azzurri. Mazzarri lo tira fuori sullo 0-0, pochi minuti prima che i ciociari cominciassero ad abusare inopinatamente dei Campioni d’Italia.  

Ovviamente, sarà stata una mera coincidenza, ma la reazione composta ed al contempo un tantino piccata del tedesco all’atto di uscire dal campo già in quella occasione testimoniava la sua voglia, emotiva e tecnica, di sentirsi ancora caparbiamente parte integrante di questo gruppo.

Risolta col 4-2-3-1

Così, nel derby, in un batter di ciglia, Demme passa da esubero, a stento tollerato eppure ben remunerato, a vero salvatore della patria. Approfittando anche dell’infortunio (diplomatico?) di Zielinski a pochi minuti dal fischio di inizio. Quasi un paradosso, ma non per le indubbie qualità dell’ex Lipsia, conosciute ai più. L’intera gestione del mancato rinnovo al polacco rappresenta solo l’ultimo colpo alla disastrata credibilità del club in termini di lungimiranza e programmazione. Che si associa alla cessione di Elmas, lasciato partire con evidente leggerezza, senza uno straccio di alternativa plausibile all’orizzonte.

Magari in pochi si sono accorti che la trasformazione del Napoli nella ripresa nasce da un adattamento tattico, frutto di una precisa scelta operata da Mazzarri. Ovvero, passare al 4-2-3-1. Con due mezzali restie ad aggredire la mediana granata alle spalle per paura di sbagliare i tempi di inserimento, era complicato andare in maniera pericolosa nei mezzi spazi.

L’atteggiamento di Cajuste e Gaetano, entrambi abbastanza piatti, favoriva dunque la densità agli avversari, bravi a scivolare, evitando di scoprirsi. Con la conseguenza pratica che, ricevendo circondati da maglie granata, quindi costantemente in sottonumero. l’unica soluzione percorribile dai padroni di casa era la circolazione perimetrale della palla, nel vano tentativo di scoprire il lato debole con un improbabile cambio di gioco.

Sostanzialmente, la squadra partenopea, schierata nel classico 4-3-3, era troppo lunga per far risalire in maniera ragionata il pallone dal basso. Il doppio pivote piazzato davanti alla difesa, invece, ha agevolato il lavoro sulla trequarti di Raspadori, che si abbassava a cucire il gioco, facendo da raccordo. In questo scenario, Kvaratskhelia poteva trovare una via maggiormente percorribile verso la porta di Ochoa, tagliando tra le linee, così da creare assieme all’ex Sassuolo superiorità numerica e posizionale. Ergo, sciogliere i legacci che legavano il georgiano a lavorare esclusivamente in ampiezza è stata un’altra mossa potenzialmente decisiva.

Napoli convalescente

Senza l’ingresso di Demme nulla di tutto questo sarebbe successo. Il suo movimento instancabile nel proporsi in zona luce, ricevere lo scaricare e trasmettere immediatamente sul breve al “terzo uomo” la palla, ha messo in crisi Martegani e Candreva, indecisi se scalare in avanti o rimanere bloccati all’indietro, stretti e corti. 

Pazienza se il Napoli non è affatto guarito: il gioco continua a latitare e chiunque – Top Club, media borghesia pallonara o candidate alla retrocessione – possono prenderlo a pedate. Ieri pomeriggio la Salernitana, per larghi tratti del secondo tempo, ha letteralmente palleggiato nei denti agli azzurri. Apparsi inermi, incapaci di reagire. Impauriti calcisticamente, e fragili dal punto di vista caratteriale. Esposti alle intemperie, almeno fino a quando non hanno ritrovato Demme.

Uno che poteva semplicemente tirarsi fuori, mentre la barca andava alla deriva. Qualche compagno indolente ha già pensato bene di farlo. Lui, al contrario, ha dimostrato di meritarsi almeno maggiore considerazione all’interno delle rotazioni.

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