Qualcuno continua a considerare la gara dell’Allianz Stadium come il frutto di due attacchi sostanzialmente spuntati. Invece di esaltare il controllo del match da parte del Napoli: una sensazione di assoluta sagacia tattica, tutt’altro che illusoria. Che da un lato ha esaltato la gestione degli spazi con cui – de facto – gli ospiti hanno ingabbiato tatticamente la Juventus, costringendola a non calciare mai verso la porta di Meret (e poi Caprile).

Palesando, al contempo, l’impotenza offensiva della Vecchia Signora. In effetti, mai è parso che i bianconeri potessero veramente mettere in difficoltà la squadra di Conte. Anzi, l’impressione che le migliori occasioni siano capitate tra i piedi degli azzurri, con Di Gregorio protagonista di un paio di pregevoli interventi su McTominay e Politano, avalla un pizzico di rammarico per i partenopei.

Conte mischia le carte

Ovviamente, le scelte di Conte hanno finito per incartare Thiago Motta. Il primo tassello del domino, che ha determinato una cascata di equivoci irrisolti dalla Juve, è l’inserimento tra i titolari di McTominay, con conseguente cambio di sistema. Avere la superiorità numerica a centrocampo, con lo scozzese associato a Lobtka e Anguissa, consentiva al Napoli di sviluppare un gioco corto, in grado di ricercare continuamente il compagno meglio piazzato. Così da disordinare l’organizzazione sottopalla dei padroni di casa.  

Questo non vuol dire che sia stata una bella partita. Tantomeno che gli azzurri abbiano giocato bene. Nondimeno, sono riusciti comunque a dimostrare la loro brillante condizione, fisica ed emotiva. Oltre al fatto che le scelte dell’allenatore salentino si sono incastrate perfettamente con le lacune juventine. È un mero discorso di campo, puramente strategico. Il modulo ideale per il Napoli attuale sembra essere il 4-3-3. Perché il gruppo assemblato da Conte può contare su tre centrocampisti abili nel muovere il pallone con qualità, nonché innescare nel miglior modo possibile il talento degli offensive player. Non a caso, la mediana si è calata immediatamente nel nuovo contesto, manco fosse un vestito cucito su misura.

E nulla importa che sabato sera due terzi del tridente abbia inciso veramente poco. Con Kvaratskhelia che faceva una fatica del diavolo a scrollarsi di dosso un cazzuto Savona, letteralmente dominante per personalità e gestione dell’uno contro uno. Soprassedendo, almeno per un attimo, su quanto abbia inciso raramente Lukaku, apparso in confusione. Decisamente cannibalizzato da un Bremer in forma smagliante.

Napoli, impotenza offensiva

La percezione che il georgiano oppure Big Rom possano avere realmente un problema è facilmente risolvibile nell’arco di pochissimo tempo. Magari cambiando solamente la maniera di assisterli. Per esempio, a Torino, nella classica situazione di risalita dal basso, spesso Olivera verticalizzava direttamente su Kvara, obbligandolo a riceve di spalle alla porta. Una postura che rendeva assai più complicato poter sfuggire alla pressione di Savona, ferocemente aggressivo in zona palla. Bastava passare per uno scarico in diagonale verso McTominay, nominalmente destinato a occupare la posizione di mezzala sinistra. Con lo scozzese che dopo avrebbe stimolato il numero 77.

Discorso analogo vale per Lukaku. Imputato principale della impotenza offensiva della squadra partenopea. Se al cospetto della marcatura di Bremer il belga è sprofondato in una palude, diventando quasi trasparente, e segnalandosi unicamente per alcune sponde, ciò non vuol dire che l’impatto della sua fisicità sia stato pari a zero. Presumibile che il piano-gara predisposto da Conte, piuttosto che puntare sulla profondità, volesse esplorare proprio le giocate sul breve. Quindi, connettere Romelu con chi agiva a supporto. Permettergli di accorciare verso il possessore; movimento funzionale a tirare fuori il centrale della Juventus, spalancando la via ai tagli degli esterni.    

Non certo lo scenario adattato, perdurando lo scarso coinvolgimento di Kvaratskhelia nell’associarsi coi compagni di reparto. Finendo per far pendere il peso dell’attacco esclusivamente sulle spalle di Politano. Insomma, il problema di fondo è soltanto questo: nulla che non si possa superare con il lavoro quotidiano in allenamento.   

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