Pieno di ragazzini, il primo Napoli stagionale schierato da Garcia nell’amichevole contro l’Anaune. Con i “big” giunti in ritiro qualche giorno di ritardo rispetto alla truppa, l’allenatore francese ha concesso ampio minutaggio a tutti i convocati. Un gruppo assai omogeneo, tra chi è rientrato dal prestito alla casa madre, e attende di accasarsi nuovamente altrove. E gli aggregati dalla Primavera.

Una occasione per fare esperienza, oppure sfruttare l’opportunità di farsi vedere dal mister. E magari cambiare radicalmente lo status: da probabile esubero a inaspettata risorsa. In grado di bruciare le tappe, continuando così a lavorare assieme ai “grandi”. Ovviamente, con ruoli e prospettive diverse.

Alcuni hanno già le valigie pronte. Ambrosino e Vergara, per esempio, da tempo in cima alla lista delle preferenze di un mucchio di pretendenti in Serie B, cambiano casacca nel weekend, destinati a Catanzaro e Reggiana.

Altri, invece, si sono presi le luci dei riflettori, grazie all’ottimo secondo tempo al cospetto dei dilettanti trentini. Stregando pubblico e addetti ai lavori. La dimostrazione netta e inequivocabile per cui il settore giovanile del Napoli, talvolta ferocemente criticato, è comunque in grado di produrre giocatori di talento, nonostante nella stagione passata, la Primavera sia sciaguratamente retrocessa.

Il campo, quindi, non li ha premiati. Ma se gli azzurrini non hanno ricavato grosse soddisfazioni dal campionato, è pur vero che il risultato fallimentare deve essergli imputato soltanto marginalmente. La gestione tecnica di Frustalupi, infatti, non è scevra da responsabilità.

Al netto del livello degli avversari, tuttavia, la manita rifilata all’Anaune, ha riacceso il dibattito intorno al complicato inserimento di questi giovani in Prima Squadra. In realtà, il vero problema sembra essere non tanto il coraggio di affidarsi ai prodotti del vivaio. Bensì, nella capacità di creare i presupposti per lo step successivo. Ovvero, concedergli spazio nelle rotazioni.

Il contesto attuale in cui su muove il Napoli è di altissimo profilo. In questo senso, immaginare di puntare su qualche giovane di grande prospettiva potrebbe essere controproducente. Specialmente se l’obiettivo prioritario rimane quello di avere una rosa omogenea, all’interno della quale chiunque venga schierato, può offrire subito un contributo concreto, in Serie A o Champions League.

La società partenopea deve in ogni caso attuare una politica che le consenta di non allargare troppo il gap con i principali Top Club europei. Quelli, per inciso, che operano in condizione di evidente dominanza economico-finanziaria.

In questo scenario, sarebbe più giusto puntare sulla valorizzazione in campo. Propedeutica poi a determinare un plusvalore a bilancio. Un concetto che passa attraverso due parametri, che devono necessariamente concretizzarsi nello stesso momento: giocare con continuità, in una situazione qualificante. Un giudizio di merito, che subordina pure le operazioni in uscita.

Un discorso complesso, che merita un approfondimento. In sostanza, mandare temporaneamente un giovane – magari in cadetteria -, senza offrirgli veramente le occasioni necessarie per mettersi in mostra, valorizzandosi, diventa inutile. Meglio scendere di categoria, ma impattando a livello individuale. Allo stesso tempo, deleterio accettare una sistemazione in Lega Pro per limitarsi a fare tappezzeria.

Allora, le scelte della direzione sportiva diventano fondamentali affinchè in questa finestra di mercato si concludano operazioni funzionali ad aumentare il valore dei giovani tesserati. In modo da poterne ipotizzare un successivo rientro, che passa attraverso i risultati individuali. Un investimento prospettivo, buono per il Napoli del futuro o per far cassa con un’eventuale cessione.

Insomma, bisogna comparare il prestito con una valutazione meramente calcistica. Non è detto che il talento possa venir fuori subito. Ma lustrare la panchina con il sedere non porta da nessuna parte.

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