Che Mathías Olivera fosse un acquisto futuribile lo sapevano un pò tutti da tempo. Ma la prestazione contro il Liverpool è stata talmente prorompente, da trasformare il prospetto in una sorta di space shuttle, detonante verso la stratosfera. Cosa che probabilmente ben pochi si aspettavano.

In effetti, il suo duello con Salah ha destato così tanta impressione, da costringere tifosi e addetti ai lavori a esporsi con un giudizio di merito intangibile: oggi il Napoli può contare su un terzino sinistro in grado di ribaltare le gerarchie, finora letteralmente cannibalizzate dal rendimento mostruoso di Mario Rui.   

Salah osso duro

Lo scenario tattico immaginato da Klopp per mettere grande pressione al Napoli prevedeva di appoggiarsi spesso all’egiziano: un offensive player accentratore, all’interno di una squadra aggressiva, impostata su attacchi rapidi in verticale. 

La prima cosa che salta all’occhio, rivedendo la gara di Anfield, è proprio il senso di dominio espresso dall’ex Getafe nei confronti del pericolosissimo attaccante dei Reds. Che non ha (quasi…) mai potuto esplorare veramente il suo tradizionale modo di giocare, fatto di spostamenti continui.

Salah sfrutta questa insensata mobilità, coprendo porzioni di campo enormi, per determinare in due posizioni: da esterno classico, schierato piede opposto. Oppure in qualità di centravanti atipico, di manovra invece che prettamente posizionale. Una interpretazione dinamica del ruolo, che ieri sera s’è vista ad occhio nudo.

Olivera ne ha contenuto il talento, costringendolo spesso nella scomoda situazione di ricevere spalle alla porta, assorbendone i movimenti incontro al possessore, funzionali a creare passaggi puliti tra le linee.

La bravura s’è palesata specialmente nelle occasioni in cui il numero undici in maglia rossa si abbassava per tentare di tirare fuori l’uruguaiano, obbligandolo a rompere l’allineamento.

Ebbene, da questo punto di vista, il Liverpool ha dovuto fare i conti con l’abilità in marcatura del mancino partenopeo.

Olivera bidimensionale

Quello che desta maggior stupore, tuttavia, è la propensione bidimensionale di Olivera. La capacità di influenzare effettivamente il calcio di Spalletti al di là della tenuta difensiva, riuscendo a far progredire il gioco in fase di possesso, una volta ricevuto l’attrezzo sulla corsa.

L’azzurro ha aggredito lo spazio davanti a sé con personalità, grazie alla rapidità nelle gambe, associata alla sensibilità con il pallone tra i piedi, tipica dei terzini sudamericani. Leggendo la scelta di Alexander-Arnold, talvolta in ritardo nel coprire la zona lasciata sguarnita dall’accentramento di Milner, e proponendosi per lo scarico in ampiezza. Certo che i compagni ne avessero assecondato poi l’inserimento.

Insomma, altro che rincalzo di lusso. Ieri Olivera ha lasciato intravedere un potenziale da vero titolare, meritandosi la fiducia che i compagni e l’allenatore nutrono nei suoi confronti.

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