Il Napoli ormai campa alla giornata. E con questo spirito si appresta ad affrontare il Bologna. L’ennesima vigilia caratterizzata da una fortissima sensazione. Ovvero, che il gruppo abbia somatizzato le debolezze di Gennaro Gattuso. Un allenatore a tempo determinato. Consapevole che i suoi giorni sulla panchina partenopea siano sempre di meno.

A Ringhio sfugge il futuro all’ombra del Vesuvio. Scandito da una clessidra inesorabile. Pare davvero che abbia smesso di vedersi ancora tinto d’azzurro. E poiché i giocatori non sono stupidi, hanno subodorato il tanfo generato da tutte le sue paure. Altro che annusare il pericolo.

L’interno di uno spogliatoio si fonda su leggi precise, immutabili, seppur non scritte, che ne regolano i sottili equilibri.

L’anarchia tecnico-tattica e comportamentale regna sovrana, dalle parti di Castel Volturno. Magari la proprietà, ha semplicemente cercato di metterle un freno, imponendo il silenzio stampa erga omnes.

Squadra alla deriva, schiava delle paure del suo manico

Il Napoli sembra veramente una nave alla deriva, con un comandante confuso e tremebondo, mentre la tempesta impazza senza sosta.

Del resto, Gattuso ha accantonato il coraggio da un bel po’. Le sue scelte sono speculari e conservative. Orientate, calcisticamente parlando, a fare piccoli passettini. Un orizzonte limitato. Quindi, privo di quella visione d’insieme, fondamentale per cercare di conseguire l’obiettivo stagionale. Una proiezione sul lungo periodo, dunque, che lui stesso non ha più. Certo di essere a scadenza.  

Formazioni uterine, figlie di una insicurezza cronica. Cambi isterici, dettati dall’improvvisazione. Decisioni che contrastano anche con le più banali consuetudini pallonare. Che confermano quanto Gattuso sia in rottura prolungata, dal punto di vista della lucidità.

Le ultime, in ordine di apparizione: concedere ben ottantadue minuti a Mertens contro il Benevento, con il risultato abbondantemente cristallizzato. E averlo poi letteralmente boccheggiante, con il Sassuolo.

Cambiare un centrale con un altro, inserendo al Mapei Stadium Manolas a quattro dalla fine. Non per puntellare una difesa traballante. Blindandola con tre cagnacci. Il greco, che non giocava da settimane, reduce dall’infortunio di Genova, era evidentemente in precarie condizioni. Nonché, mentalmente ai margini della gara. Neanche pensava di dover entrare.

Ma la perla più grande rimane l’uso di Elmas, impiegato da terzino sinistro o in posizione di centravanti, in base a chissà quali cervellotiche e personalissime convinzioni strategiche.

Gattuso confuso, seppur con qualche scusante

Come per tutti gli allenatori in confusione, che partono da un’idea chiara, smarrendosi probabilmente strada facendo, schiavi delle loro stesse paure, pure Gattuso aveva in mente una precisa identità di gioco.

Tuttavia, non è riuscito a venire a patti con gli infortuni continui e le assenze prolungate, che hanno ne minato le certezze.

Nel complesso, il Napoli è una squadra idealmente nata su un compromesso mal riuscito. Adattato malamente dal suo manico alle circostanze sfavorevoli.

Puntare su un sistema che valorizzasse la costruzione dal basso, avendo risorse dalla scarsa inclinazione a giocare il pallone con raziocinio e cognizione di causa, ha generato le prime insicurezze nel gruppo.

D’altronde, in rosa ci sono difensori aggressivi, molto forti in marcatura. Ma dalle evidenti lacune tecniche. Trascurando quelle strettamente connesse alla personalità, tutt’altro che debordante.  

Tra l’altro, Gattuso non è riuscito a mettere a proprio agio gli uomini di maggior talento. Anzi, si rintana nella propria trequarti, con la flebile speranza di attirare in avanti gli avversari, e poi prenderli di infilata, in virtù del giropalla sviluppato dai suoi talentuosi offensive players.

Avrebbe potuto costruire una mentalità aggressiva, idonea a valorizzare i principi che hanno accompagnato una parte consistente di questi giocatori nel loro percorso professionale napoletano.

Invece, la squadra non pressa. Per evidenti limiti strutturali. Scontrandosi con la ricerca di equilibrio, all’interno di un sistema come il 4-2-3-1, che presuppone notevole dinamicità per alzarsi in fase di possesso, senza smarrire, al contempo, distanze e coperture preventive.

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