C’è grandissima delusione in casa Napoli, tra summit al Parker e call conference con gli uffici della FilmAuro. La seconda sconfitta in campionato mette una certa apprensione nell’ambiente, perché ha evidenziato diversi punti in comune rispetto ai troppi cali di tensione palesati dai Campioni d’Italia nelle gare precedenti.
Preoccupano non poco le amnesie fisiche e mentali. Inquieta la mancanza di continuità: temi caldi che mettono inevitabilmente sul banco degli imputati Rudi Garcia. Sotto gli occhi di tutti le sue responsabilità. Finora l’allenatore ha abbondantemente dimostrato incapacità nelle letture. Una inadeguatezza nel decifrare tatticamente le strategie altrui, che a parità di qualità tecniche, lascia la squadra partenopea in balia di avversari meglio organizzati. A peggiorare la situazione, i tentativi di disinnescare un trend negativo, invertendo la rotta attraverso le sostituzioni. E’ là che il francese dà il meglio di sé, veicolando l’impressione di essere veramente deleterio.
Ieri sera ha subito una vera lezione da Vincenzo Italiano, che trascende la sconfitta casalinga. Un confronto impari, tra un mero assemblatore di uomini ed un tecnico consapevole del materiale a sua disposizione. Che schiera con cognizione di causa, sfruttandone poi al meglio le caratteristiche.
Un paio di giocate estemporanee, frutto essenzialmente di qualità individuali, dunque casuali e nient’affatto generate da una manovra organizzata, avevano consentito agli azzurri di riprenderla per i capelli. Ma per onestà intellettuale, sarebbe stato un furto anche solo pareggiarla. Men che meno, vincerla.
Caos tattico targato Garcia
Soprassedendo per un attimo sul fatto che due dei principali protagonisti della cavalcata scudetto – Mario Rui ed Elmas – sono spariti dai radar, inspiegabilmente emarginati dalle rotazioni, i cambi in corso d’opera del francese rimangono davvero inspiegabili.
Nella prima mezz’ora il Napoli l’ha vista col binocolo. La Viola – con idee e principi di gioco ben definiti -, gli ha palleggiato letteralmente nei denti, spostando la palla a piacimento. Complice l’infortunio di Anguissa, Garcia passa al 4-2-3-1, inserendo Raspadori in luogo del camerunese. Consegnandosi di fatto al dominio in mediana dei centrocampisti gigliati, preponderati sia in fase di costruzione che nell’esercizio di un pressing alto e aggressivo, in grado di paralizzare i flussi del gioco partenopeo.
L’inedita coppia di metodisti, Lobotka–Zielinski, appare costantemente in affanno nella risalita della palla dal basso. Ancor meno efficace nel consolidare il possesso: imbarazzante la maniera in cui finiscono puntualmente in sottonumero. Una mortificazione osservarne l’impotenza nel correre a vuoto, manco stessero facendo il torello preriscaldamento, presi praticamente in mezzo dal triangolo composto da Bonaventura, Duncan e Arthur.
Napoli-Fiorentina si potrebbe raccontare semplicemente così: un elefantiaco caos tattico!
Che ha trovato il suo tristissimo apice nel suicido finale. Masochistico togliere dal campo prima Politano, uno capace di convertire in potenziali pericoli i pochi palloni puliti, spaccando in due la difesa degli ospiti. Quindi, in un colpo solo, Zielinski, Osimhen e Lobotka, al punto da smarrire definitivamente la propria identità.
Adl medita sul da farsi
Insomma, non ci sono scuse che tengano. Almeno per quanto riguarda i demeriti del Mister. Eppure, questo non è il momento per imbastire processi sommari, stile Inquisizione.
Perché pure De Laurentiis ci ha messo del suo. Innanzitutto, gridando ai quattro venti la sua idea personalissima, per cui il Napoli avrebbe potuto allenarlo chiunque. Magari, forte di questa convinzione, il più egocentrico e accentratore tra i proprietari di club, ha commesso uno dei pochi errori di valutazione nella sua ventennale gestione.
Specialmente se – come sembra – l’unico parametro cui si è attenuto per scegliere l’erede di Spalletti, all’interno della fantomatica “lista dei quaranta”, attiene l’ingaggio. E siccome il francese viene dall’estero, approfittando del Decreto Crescita, pesa ancora di meno sul bilancio societario. Se dal casting è spuntato fuori il nome di Garcia esclusivamente perché era quello che costava meno, impossibile immaginare uno scenario diverso dalla tragedia attuale.
In questo scenario, tuttavia, appare improbabile che il presidente smentisca sé stesso e faccia mea culpa: significherebbe accettare l’errore. Cosa estremamente complicata per un decisionista come lui.
Inoltre, dovrebbe onorare non soltanto il contratto del tecnico esonerato. Ma pure del suo sostituto. Un bagno di sangue, che al momento, difficilmente si concretizzerà.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RESTA AGGIORNATO SUL NAPOLI:
LEGGI ANCHE Fiorentina padrona a casa del Napoli: che bell’allenatore è Italiano
SEGUICI SUI PRINCIPALI SOCIAL: