Il portiere è un ruolo meraviglioso, perché racconta storie affascinanti. Lo sa bene Generoso Rossi, che in quindici anni di carriera ha fatto un lungo viaggio tra i pali, solo in apparenza tutti uguali. Quasi 400 presenze nei professionisti, tra Serie A, B e C1; senza dimenticare una toccata e fuga in Championship, la cadetteria inglese, e la maglia dell’Italia Under 21 difesa per un biennio.

Oggi che ha appeso i guanti al fatidico chiodo, Rossi fa da chioccia alle giovani promesse, trasferendo il bagaglio di conoscenze agli allievi della sua accademia, “GR1”, nata per curare proprio chi vuole apprendere, rubando con gli occhi, i segreti specifici del mestiere.

Ho giocato a calcio dall’età di cinque anni. Mi ha dato tanto e fatto guadagnare. Era giunto il momento di trasferire ad altri le mie conoscenze. Studiando tanto, aggiornandomi costantemente; completando le mie esperienze precedenti, quelle maturate in campo. Il ruolo è delicato, così come il compito del preparatore. Conta sì la tecnica. Ma gli aspetti emotivi sono fondamentali: nell’allenare un portiere bisogna considerare la sua tranquillità familiare, eventuali errori commessi la partita precedente. Insomma, come sopporta un mucchio di pressioni esterne…”.

Il ruolo cambia e si evolve

Parlando con Generoso, dunque, è inevitabile che il discorso scivoli sui portieri, non soltanto quelli del Napoli, ovviamente. Del resto, mettendo a frutto gli insegnamenti della scuola italiana, per decenni una vera eccellenza, “maestri” dell’insegnamento – tipo, Luciano Castellini, Pietro Battara, Roberto Negrisolo, citandone solamente alcuni – avevano contribuito a sfornare in continuazione talenti di altissimo livello.

Oggi, tra chi allena i portieri ci sono non solo ex del ruolo, che hanno giocato, quindi in grado di trasferire il proprio vissuto, insegnare il gesto tecnico ed i fondamentali. Ma anche un mucchio di improvvisati. Gente che magari ha pure la presunzione di saperne più degli altri. Talvolta le società, per convenienza o interesse, scelgono proprio costoro…”.  

La capacità di trasformare la parata in arte s’è progressivamente inaridita, anche a causa di una diversa metodologia d’insegnamento. Nuovi fondamentali sono stati inseriti nell’allenamento quotidiano, per esempio, la “croce”, ed il ruolo s’è un tantino snaturato.

La scuola italiana è una eccellenza, a livello tecnico resta ancora tra le migliori. Ovviamente, non bisogna trascurare le novità, che un preparatore coscienzioso deve apprendere, per veicolare poi i giusti input ai suoi allievi. L’esempio della croce iberica o della spaccata è calzante. Ai miei tempi si attaccava la palla con la cosiddetta uscita a valanga. Non ne farei, però, una questione di gesto tecnico. Bensì, di utilità a seconda della situazione. Quello determina la scelta del portiere nell’approcciarsi alla parata…”.     

Inoltre, s’è estremizzata la ricerca di chi fosse maggiormente affidabile con i piedi, soprattutto in funzione della prima costruzione da dietro. Gli sweeper-keeper, espressione utilizzata per codificare quei portieri-libero a loro agio quando impostano il gioco, così da raccordare la nuova generazione con quelli old style, in grado, al contrario, di esaltarsi con voli plastici, agilità felina o semplice eleganza minimalista.

Il gioco è andato avanti, evolvendosi anche in funzione dei cambiamenti al regolamento. Inoltre, se un allenatore cerca un portiere bravo con i piedi, significa che intende impostare il gioco della squadra su un sistema che privilegi proprio la risalita dal basso. Chiaramente, estremizzare è sempre dannoso, perciò suggerisco ai miei portieri di non rischiare mai eccessivamente, pur interpretando il ruolo in una certa maniera, in chiave moderna…”.

Senza trascurare il desiderio di esterofilia cavalcato da un mucchio di club, che ha parzialmente oscurato i prodotti del vivaio italiano: per rendersene conto, basta guardare chi gioca attualmente in Serie A. Il polacco Szczesny alla Juve, lo sloveno Handanovic piuttosto che il camerunese Onana all’Inter. Ancora, il Milan che affida la successione di Donnarumma al francese Maignan; Roma e Atalanta determinate a investire tempo e danaro su Rui Patrício e Musso.

Al di là delle scelte societarie, l’allenatore dei portieri deve adeguarsi alle richieste del tecnico. Proprio dal confronto costante con l’allenatore, infatti, è possibile conoscerne le idee. Così da adattare poi il lavoro quotidiano in campo!”.  

Meret rinato

Il discorso si complica ulteriormente, se si butta un occhio dalle parti di Castel Volturno. Il dualismo tra Ospina e Meret ha rischiato di derubricare il friulano da predestinato a meteora. 

Giocare con la spada di Damocle che incombe ogni domenica non ha certamente agevolato il rendimento di Meret. Il ruolo necessità una certa stabilità, generalmente garantita da una gerarchia ben definita. Gli scorsi anni era a favore del colombiano. Che del resto ha sempre offerto un buon rendimento…”.

A distanza di un anno, tuttavia, il destino di Alex è cambiato completamente. Dopo la scellerata partita di Empoli, che mise fine alle ultime velleità di scudetto degli azzurri, ad oggi, la parabola professionale dell’Airone ha preso una piega inaspettata.

In estate sembrava conclusa la sua esperienza all’ombra del Vesuvio. Invece, l’estremo difensore friulano ha avuto la forza emotiva, prim’ancora che tecnico-tattica, di riconquistare la fiducia di Spalletti. Alla fine, s’è ripreso la scena, tornando decisamente a fare il protagonista, dopo l’esplosione precocissima degli esordi con Udinese e Spal.

Il Napoli sta facendo un campionato a sé stante. In ogni caso, tutte le volte che Meret è stato chiamato in causa, s’è fatto trovare pronto, reattivo. Giocando nuovamente con continuità, ha riacquisito fiducia nelle sue indubbie qualità tecniche. Una rinnovata consapevolezza di forza, che oggi gli riconoscono pure i compagni…”.

I suoi detrattori si ostinano a considerarlo un pochino titubante le occasioni in cui deve abbandonare i pali. Gli imputano di non uscire abbastanza, preferendo rimanere ancorato con gli scarpini sulla linea di porta. Ma sarebbe davvero disonesto intellettualmente non riconoscere che se il Napoli sta letteralmente cannibalizzando il campionato, un plauso va fatto al suo portiere.

Giocare a Napoli non è affatto semplice. In un attimo puoi passare da salvatore della patria a esubero da sbolognare allo Spezia, come qualcuno vociferava questa estate. Il rendimento attuale, però, lo mette dietro soltanto a Gigio Donnarumma…”.

Meret associa eleganza nei movimenti, pulizia dei fondamentali e rapidità nel tempo di reazione allo stimolo dell’avversario, che sia un tiro o un cross. Insomma, ormai mentalmente solido, trasmette sicurezza e tranquillità ai compagni.

Non è un portiere appariscente. Ma sicuramente ha doti di freddezza. Non dimentichiamoci che è un friulano!”.

Gollini “ignorante”

Lo stesso Gollini può apparire un incompiuto. Pure la sua è una storia particolare: fin dai tempi dell’Atalanta si pensava potesse avere un futuro radioso. Poi è crollato, perdendosi nel rapporto conflittuale con Gasperini.

Certe dinamiche connesse al ruolo le conosce innanzitutto chi ha masticato il gioco. Non necessariamente in Serie A, sia ben inteso. Ma talune sfaccettature non si imparano ai corsi federali, men che meno se frequentati a distanza, in tempo di pandemia. Tantomeno le trovi scritte nei libri. Questo preambolo per dire che probabilmente il Gollini di Firenze non stava mentalmente bene, in simbiosi con l’ambiente. Al contrario di Napoli. E questa rinnovata serenità s’è vista poi in campo…”.

Arrivato a gennaio, contro la sua ex squadra s’è finalmente ripreso il palcoscenico, dopo un paio di stagioni passate nell’ombra, tra Tottenham e Fiorentina.

Il Napoli ha fatto un’operazione intelligente con Gollini. Adesso ha in organico ben due portieri di uguale valore, buoni per il presente ed il futuro. Gestirli non sarà semplice. Anche se finora Spalletti è stato bravissimo nel mantenere equilibrio nelle gerarchie. Il nuovo arrivato ha comunque un bagaglio importante alle spalle. Avrà pure giocato poco nell’ultimo anno al Tottenham, però ha acquisito una esperienza notevole lavorando assieme a Lloris. In una città nuova e in un calcio diverso dal nostro…”.

Sabato sera ha compiuto tre ottimi interventi, diversi l’uno dagli altri. Evidente, sul tiro di Muriel, la componente moderna, testimoniata dalla respinta praticamente in bagher. Immediatamente dopo, inchioda a terra una capocciata di Zapata: apparentemente una parata facile. In realtà non lo è, poiché vede arrivare il pallone all’ultimo istante, quindi recuperare la giusta postura per reagire con prontezza. L’ultima, infine, sulla sassata di Ruggeri, che arrivava a rimorchio, richiede intelligenza nella lettura, perché Gollini avanza tempestivo di qualche metro, riducendo drasticamente l’angolo di tiro. Nonché puro istinto nell’andare giù.

Mi è parso mentalmente tranquillo, nonostante fosse al debutto. Direi, usando un termine scherzoso in uso negli spogliatoi: calcisticamente ignorante, per come ha usato in maniera quasi spregiudicata i piedi nel dialogare con i compagni!”.

L’importanza del supporting cast

Dalle parole di Generoso Rossi traspare che se qualcosa è cambiato nella porta del Napoli, meriti vanno ascritti a quelli che lavorano nell’ombra, accantonando il proprio egocentrismo calcistico, affinchè prevalga il bene comune. Il riferimento, nemmeno troppo velato, va a chi – designato a fare da terzo – vede ridotte al lumicino le possibilità di scendere in campo.

Marfella infatti sta provando a far conciliare scarso minutaggio con opportunità di crescita. Una doverosa gavetta, spendibile poi nel prosieguo della carriera. Una struttura fisica compatta (alto circa 180 centimetri…) è compensata dall’agilità. Comunque ha esplosività ed un discreto senso della posizione. Oltre a piedi educati, degni di un giocatore di movimento.

Penso che a quell’età devi giocare con una certa continuità; non accontentarti. Anzi, mettersi costantemente in discussione, domenica dopo domenica. Insomma, dimostrare di essere all’altezza. Il classico: farsi le ossa. Personalmente, prima di esordire in Serie A, ho dovuto vincere due campionati in piazze importanti, da titolare in C1, con Savoia e Crotone…”.

Un discorso a parte merita Sirigu, portiere non più giovane, dal curriculum esagerato in fatto di presenze. Destinato a fare da dodicesimo, doveva passare una stagione in panchina alle spalle di Meret e forse questa situazione ad un certo punto gli è pesata.

Probabilmente il passaggio in maglia azzurra non resterà impresso nella memoria storica del club. In ogni caso, rimangono innegabili i suoi meriti nella rinascita di Meret. Se il friulano ha ritrovata una maglia da titolare, un pensiero benevolo deve rivolgerlo all’ex portiere di Torino e Genoa. 

Il rettangolo verde non dice mai bugie. Credo che dall’alto della sua enorme esperienza, pure a livello internazionale, Sirigu si sia messo a disposizione di Meret. Un discorso franco, qualcosa tipo: cosa ti serve o come posso aiutarti, per stare bene mentalmente. Oggi molti vogliono fare i protagonisti. Ma ben pochi sono disposti ad aiutare gli altri!”.   

© RIPRODUZIONE RISERVATA

RESTA AGGIORNATO SUL NAPOLI, SEGUICI SUI PRINCIPALI SOCIAL: