La “teoria del caos” stabilisce un principio molto semplice: in qualsiasi sistema, basta una piccola variante delle condizioni iniziali per produrre grossi cambiamenti. In Serie A ci ha pensato il Napoli a generare un’onda d’urto talmente impetuosa, da propagare le sue ripercussioni sull’intero calendario della 32^ giornata.
Dopo la vittoria contro la Juventus di domenica scorsa, che ha lanciato definitivamente il countdown verso uno giorno atteso come il Messia, si attendeva solamente il verdetto delle Istituzioni calcistiche e politiche, per ufficializzare lo spostamento della partita con la Salernitana: da sabato alle ore 15 a domenica, stesso orario.
Il derby potrebbe sancire lo scudetto aritmetico, con ben sei giornate d’anticipo. Pertanto, era doveroso garantire, per motivi di ordine pubblico, che i festeggiamenti si svolgessero prevalentemente all’interno del “Maradona”, piuttosto che invadendo le strade.
Alla fine, la Lega si è adeguata alla decisione del “Comitato di analisi sulle manifestazioni sportive”, stabilendo conseguentemente un’altra variazione al calendario, con Udinese-Napoli che slitterà da martedì 2 a giovedì 4.
L’evento, del resto, merita una grande celebrazione collettiva; perché sarà pure retorico raccontarlo in questa maniera, ma gli azzurri non sono solo una squadra di calcio. Rappresentano un pezzetto del mosaico, in cui ciascuno di noi appare legato indissolubilmente a tutti gli altri, all’interno di una città paragonabile a poche altre per bellezza, nonché contraddittoria come nessuna. Per questo, forse, è ancora più esaltante godersi appieno i momenti di gioia condivisa.
Rinnovarsi con pragmatismo
Gli uomini di Spalletti sono ad un passo dall’appuntamento con la Storia, rimandato troppe volte. Dopo gli anni fantastici di Maradona, infatti, in quante altre occasioni è sembrato che il titolo fosse concretamente alla portata degli azzurri?
Se non glielo avessero letteralmente scippato, il Napoli di Maurizio Sarri avrebbe sicuramente potuto diventare Campione d’Italia. Probabilmente, era destino che l’Estetica Trascendentale venisse sublimata a mera utopia e null’altro.
Invece l’Uomo di Certaldo ha compiuto una impresa leggendaria, in virtù di una capacità più unica che rara in Serie A: rinnovarsi con pragmatismo. Una feroce concretezza, palesata perfino attraverso scelte di mercato magari incomprensibili inizialmente, che comunque hanno permesso al gruppo di mantenere un elevatissimo standard prestativo. Sciorinando un calcio meraviglioso e credibile per intensità, orientato verso una eccellenza (quasi…) assoluta.
Eppure, c’è un filo sottile che lega quella squadra bellissima al Napoli attuale. Gioco e interpreti sono ovviamente cambiati. Ad accomunarle, invece, la feroce determinazione nel non rassegnarsi, continuando a inseguire l’incontro con un istante memorabile.
L’idea di fondo resta quindi quella di accantonare il fatalismo napoletano, stereotipizzato nell’adagio tradizionale della cultura popolare, riassunto meravigliosamente da Eduardo De Filippo: “Adda passà ‘a nuttata…”. Una sorta di resa simbolica e inesorabile allo scorrere degli eventi.
Tutti uguali sotto il Vesuvio
Manca davvero poco, poi il classico “Abbiamo un sogno nel cuore…”, sarà pensionato. Perché i partenopei sono a un passo da tornare Campioni d’Italia dopo trentatré anni. Chiudendo così idealmente il cerchio con El Diez ed i suoi compagni, che nel lontano 1990 portarono il secondo (e ultimo…) tricolore all’ombra del Vesuvio.
E anche qui è possibile fare un accostamento, nemmeno tanto irriverente. Perché il Napoli di oggi ha scavato un distacco profondo e incolmabile con le inseguitrici grazie ad una schiacciante superiorità tecnica. Per certi versi simile al dominio manifestato dalla Ma.Gi.Ca. nel 1988. Una squadra irripetibile, per talento e qualità, che gettò praticamente alle ortiche uno scudetto vinto a causa di una clamorosa parabola autolesionistica.
Però, il Napoli di Diego era icona di genio e sregolatezza. Quello di Spalletti, è frutto di grande organizzazione. In campo e nelle segrete stanze dei bottoni. Con la premiata ditta De Laurentiis–Giuntoli simboli di una lungimiranza imprenditoriale che profetizza un nuovo modo di intendere il calcio: meno passionale e identitario, tuttavia tremendamente efficace.
Insomma, l’avvicinamento alla gara con i granata è stato alimentato da una febbrile attesa, a stento contenuta, che monta da tempo e rischia veramente di far deflagrare il “Maradona” un attimo dopo il triplice fischio finale.
Del resto sono più di tre decenni, talvolta caratterizzati da amarezze e delusioni, che a Napoli aspettano di proiettare i successi di Massimo Troisi, sostituendo “Scusate il ritardo…” con “Ricomincio da tre…”.
Tra poco, dunque, si compirà un rito popolare dal sapore liberatorio, che connetterà il Vomero ai Quartieri Spagnoli; accomunando il centro, meta di turismo internazionale, con le periferie spesso degradate. Rendendo per qualche settimana tutti i napoletani festosamente uguali tra loro.
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