Con l’arrivo di Mazzarri sulla panchina del Napoli si discute sul ruolo che il toscano dovrà ricoprire nei prossimi mesi. Ovvero, se sia un semplice traghettatore, magari in attesa che Igor Tudor apra un nuovo ciclo all’ombra del Vesuvio. Secondo i soliti bene informati, infatti, il croato avrebbe già un accordo biennale a partire dalla prossima stagione. E solo per motivi di opportunità avrebbe deciso di aspettare. Nient’affatto ingolosito dall’idea di salire sul treno in corso. Obbligato, tra l’altro, a scalare la classifica, visto il ritardo di 10 punti accumulato dagli azzurri nei confronti della capolista Inter.

Con tutte le difficoltà del caso, legate a un inseguimento reso inevitabilmente complicato dalla modesta gestione Garcia. In 16 gare ufficiali, otto vittorie, quattro pareggi e altrettante sconfitte: il tempo di stropicciare in modo maldestro lo Scudetto e poco altro.  

Credibilità e adeguatezza

Insomma, la vicenda Garcia pare che non abbia insegnato nulla. Il suo esonero, in effetti, certifica quanto sia complesso per un allenatore mantenere la credibilità nei confronti del gruppo se la proprietà smette di avere fiducia nel suo lavoro. A quel punto, non è più soltanto una questione tattica. Dalle parti di Castelvolturno la mancanza di stima deve avere necessariamente generato un perverso meccanismo di alibi e giustificazioni, impattanti – in negativo – sulle performance della squadra.

Per capire quanto sia stato labile il rapporto tra De Laurentiis ed il francese, basta rimarcare il comportamento del presidente, che aveva pensato di sollevarlo dall’incarico all’indomani della sconfitta con la Fiorentina. Col senno di poi, al netto del mancato arrivo di Conte, e del successivo “commissariamento” del tecnico, appare evidente che la scelta operata a giugno da Adl, funzionale a ricostruire lo staff in seguito all’addio di Spalletti, dopo aver inciampato in un mucchio di garbati rifiuti, era sbagliata.

Del resto, nei cinque mesi partenopei, Garcia non ha mai dato la sensazione di essere l’uomo giusto. Evidente la sua inadeguatezza, dal punto di vista calcistico, con un gioco scheletrico e nessun margine di miglioramento all’orizzonte. Situazione aggravata dalla mancanza assoluta di sintonia nei rapporti all’interno dello spogliatoio.

Alla luce di tutti questi problemi, piuttosto che rimanere con il cerino in mano, la scelta di Tudor potrebbe anche avere una spiegazione logica. Rimanere a spasso adesso, per entrare nel giro dei migliori allenatori dalla porta principale la stagione che verrà.  

Rivoluzione copernicana

C’è un altro aspetto da tenere in considerazione, e riguarda la miglior convenienza e opportunità, che insegue da sempre il presidente del Napoli. Consapevole che cambiare identità proprio dopo il fallimento di Garcia poteva complicare ulteriormente la situazione, invece di risolverla definitivamente.

Altro che transizione. Sarebbe stato un vero trauma, con una squadra costruita sul 4-3-3 che improvvisamente passa alla difesa a 3. Mazzarri ha convinto il produttore romano della bontà di adattarsi, dimostrando di non essere tatticamente un ortodosso. E saper declinare il suo calcio sulla scorta delle caratteristiche dell’organico messogli a disposizione.

Tuttavia, chissà che la rivoluzione copernicana non si concretizzi l’estate che verrà. Perché Tudor piace tanto, sia per la conoscenza del campionato italiano, con le esperienze vissute a Udine e Verona, che per il carattere indomito, ideale per tenere a freno qualsiasi fermento dovesse nascere eventualmente nello spogliatoio.

Semprechè, sia ben inteso, Mazzarri non stravolga completamente il Napoli. E si conquisti la riconferma a suon di risultati.

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