Che la fragilità del Napoli non sia dovuta solo a questioni di campo ormai è cosa risaputa. Le scelte post scudetto della presidenza ne sono, al contempo, una causa e una conseguenza. In questo senso, con l’assunzione di responsabilità, nella improvvisata conferenza stampa al termine della gara col Monza, De Laurentiis sembra aver preso una chiara direzione per tentare di risollevare le sorti della squadra. 

Naturalmente, per ridare solidità ad un gruppo apparso veramente allo sbando non serviranno soltanto gli investimenti sul mercato. Anche Mazzarri dovrà metterci del suo. Creare un contesto capace di far esprimere al meglio i suoi uomini. Del resto, appare evidente che il calcio preferito dall’allenatore toscano sia agli antipodi rispetto ai principi con cui si sono confrontati gli azzurri, nel biennio spallettiano, e nei pochi mesi di gestione Garcia. Assodato che pure le idee del francese sono state rigettate. In effetti, il Napoli ha accolto con (moderata…) avversione un calcio meno organizzato, ma comunque espresso non in completa libertà. Solo più diretto e verticale.    

Insomma, la risalita in classifica dei Campioni d’Italia passa necessariamente attraverso una sfida culturale, che smetta di scimmiottare il possesso dell’Uomo di Certaldo: uno stile orientato al mantenimento del pallone per progredire in avanti, sfruttando connessioni sul breve, fatte di continui uno-due. Sviluppi associativi tra giocatori, incentivati a muoversi, cambiare ritmo e fraseggiare, per formare triangoli o ruotare, scambiandosi la posizione.

Le fasce continuano a funzionare

E’ compito di Mazzarri, dunque, trovare fonte di ispirazione. Trovare il coraggio di mettere innanzitutto in discussione le convinzioni acquisite. Un lavoro tattico e mentale funzionale a scovare nuove soluzioni di gioco. Magari approfittare delle assenze forzate di Anguissa e Osimhen, causa Coppa d’Africa, per cercare di dare alla squadra un equilibrio maggiormente aderente al suo modo di intendere il calcio. Quindi in controtendenza con quello contaminato dal tentativo di imitare Spalletti. Senza però arricchirlo con pressing intenso nella metà campo avversaria e furiosa riaggressione a palla persa.  

Generalmente, la copia non è mai uguale all’originale. Tant’è vero che Mazzarri ha cercato le medesime dinamiche che avevano portato questi uomini a trionfare in campionato. Deludendo le attese. Un risultato preventivabile. Non a caso, la produzione offensiva del Napoli attuale è limitata. Gli azzurri creano davvero pericoli risicati negli ultimi sedici metri. E il numero delle conclusioni in porta rimane scadente.

Eppure ricorre ancora con discreta efficacia alle fasce, utilizzando le catene laterali per garantirsi l’ampiezza. Ed al contempo, abbassare il baricentro alla controparte, spingendola all’indietro. In realtà, l’insistenza ad allargare il gioco fornisce una doppia opzione, con la coppia composta da terzino ed esterno offensivo posizionati ad altezze diverse, tali da assorbire le marcature preventive o gli uno vs uno individuali con le semplici rotazioni a supporto del portatore.

Mazzarri cambia Kvara

Quello che manca veramente è il proverbiale riciclo della palla. L’insistenza con cui Lobotka scambiava sul breve, mentre una delle mezzali si allineava al pivote slovacco, per consolidare il possesso. Nel frattempo, l’altra si buttava nei mezzi spazi, pronto a legare la manovra tra le linee, nonché dialogare eventualmente con gli esterni. Pura utopia pensare di riuscirci oggi, con Anguissa poco reattivo e Zielinski mai così pigro.

In questo scenario, se prima Osimhen riusciva agilmente a trovare sostegno dagli inserimenti dei centrocampisti, adesso deve limitarsi a fungere da “fissatore” dei centrali difensivi e poco altro. Mancando fisicamente il supporto offensivo. D’altronde, contro i Monza s’è notata la posizione riadattata di Kvaratskhelia, che ha abbandonato la sua tradizionale mattonella a sinistra dello schieramento d’attacco. Venendo dentro al campo, stringendo tanto, fino a cambiare talvolta lato. Una giocata che ha creato diversi problemi all’assetto difensivo della squadra di Palladino. Se Mazzarri utilizzasse il georgiano come nella sua nazionale potrebbe essere la giusta strategia per tamponare la disarmante inefficacia degli azzurri nel fare gol.

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