Accantonando per un attimo la diplomazia, e limitandosi esclusivamente ad un’analisi statistica, a campionato quasi finito (manca soltanto la gara contro il Lecce), è tempo di bilanci. Il Napoli ha la peggior difesa, tra i club che stazionano nella parte sinistra della classifica. In tal senso, i numeri difficilmente posso essere smentiti: 48 gol al passivo aggiungono oggettività a un’impressione palesata da ogni partita degli azzurri: il reparto arretrato è stato incapace di coprire senza sbavature lo spazio, come distinguersi in situazioni di marcatura individuale. Ma davvero questa squadra è così scarsa come si racconta in giro?
Domanda legittima da porre, oggi che le imbarcate colossali prese continuamente dalla retroguardia partenopea veicolano l’impressione che le cose, nella stagione post scudetto, non potessero andare diversamente mettendo quel materiale a disposizione degli allenatori.
La “vecchia guardia”
Prendiamo, per esempio, il caso di Rrahmani. Le sue quotazioni sono crollate talmente verso il basso, da suggerirne addirittura la cessione al prossimo mercato. Come se il kosovaro, privato dell’arrogante compagnia di Kim, avesse smesso di essere una risorsa attenta ed equilibrata. Trasformandosi nel difensore tremebondo e insicuro, cui chiunque ha mangiato in testa quest’anno. Il confronto con oscuri mestieranti della Serie A, che non la buttavano dentro da tempo immemore, in grado di sbloccarsi proprio contro il Napoli, hanno riportato Amir di colpo con i piedi per terra. Sottraendogli il coraggio che gli permetteva di erigere assieme al coreano un granitico frangiflutti davanti a Meret.
Anche un centrale assai esperto del calibro di Juan Jesus si è fatto travolgere dal caos: l’apparente facilità con cui spessissimo si è fatto cogliere impreparato, senza sapere esattamente come decodificare situazioni tutto sommato prevedibili o leggibili, evidenziano tempi di reazione da bradipo. Manco le sue abilità tattiche comunicassero i potenziali pericoli con lentezza esasperante dal cervello ai piedi. Sintomo di riflessi appannati e scarsa applicazione.
Della vecchia guardia, resta sospeso il giudizio su Ostigard. Nelle sue giornate migliori ha riempito il vuoto cosmico dei compagni di reparto. Dimostrandosi il meno peggio tra i centrali. Tra l’altro, uno dei pochi cui i tifosi hanno riconosciuto il merito di sudarsi la maglia fino all’ultimo.
L’acquisto sbagliato
Discorso a parte merita l’oggetto misterioso Natan. Che può essere certamente preso a simbolo del mercato imbarazzante condotto dal Napoli la scorsa estate. Ci è voluta come minimo una buona dose di miopia dello scouting per acquistare un giocatore del genere. Un acquisto assolutamente sbagliato, che fin da subito, ha contribuito a palesare la fragilità in fase di non possesso degli azzurri, facendo un errore a partita. In realtà, nel momento in cui ha perso il posto da titolare, accontentandosi degli avanzi in termini di minutaggio, gol paradossali il Napoli ne ha continuati a prendere con una continuità disarmante. Segno che l’ex RB Bragantino non fosse l’unico responsabile di tanta scempiaggine.
E pensare che il club partenopeo non l’ha pagato nemmeno poco: dodici milioni di euro probabilmente sono una cifra eccessiva per un difensore privo di alcuna esperienza in Europa. E con pochissimo vissuto calcistico persino in Brasile. Insomma, forte la sensazione che chiunque ne abbia perorato la causa, abbia cannato clamorosamente la scelta, badando poco al sodo, invece di immaginare già future succose plusvalenze.
La cosa più sorprendente dopo questa stagione d’esordio, dal punto di vista della squadra che verrà, è che nessuno in seno alla società considera Natan veramente inadeguato per giocare ancora in Serie A. Al contrario, c’è ancora chi ne giustifica l’ingaggio, immaginandone margini di crescita. Forse nelle segrete stanze di Castelvolturno viaggiano pietosamente sulle ali della fantasia. Magari soffrono di masochismo selettivo, oppure continuano ad essere completamente in confusione rispetto a determinate decisioni, ormai improcrastinabili.
Perché se quest’annata non vuole essere ricordata solamente come il fallimento della proprietà nella gestione di una grande vittoria, ma deve rappresentare la base di partenza su cui costruire una rosa maggiormente competitiva, non si potrà prescindere dall’acquisto di almeno un difensore centrale dominante. Farlo, confermerebbe la mentalità competitiva di De Laurentiis. Oltre alla feroce determinazione presidenziale nel dar vita, con slancio ed entusiasmo, a un nuovo progetto ambizioso.
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