Al Napoli serviva una sterzata, impossibile continuare a insistere sul 4-3-3, inseguendo vanamente lo spettro del gioco dominante espresso la scorsa stagione dalla squadra di Spalletti. Allora meglio rifugiarsi nella comfort zone, tornare a esplorare contesti tattici dov’è possibile avere tutto sotto controllo. Consapevolezza che ha spinto Mazzarri a rispolverare un vecchio principio a lui sempre caro: la difesa a tre. Contesto in cui si sente perfettamente a suo agio. Una sorta di ritorno alle origini, determinante per spostare gli equilibri del match contro la Fiorentina.
Insomma, pare che l’allenatore di San Vincenzo abbia deciso (finalmente…) di abiurare quell’insensata voglia di imitare l’Uomo di Certaldo. Tanto vale essere sé stessi, avrà pensato, piuttosto che proporre un calcio che non mi appartiene affatto. Del resto, diventa obbligatorio cercare soluzioni alternative quando le cose non filano nel verso sperato. E all’ombra del Vesuvio non possono certamente ritenersi soddisfatti del momento che stanno attraversando.
Mai in balia della Viola
Poco importa che una parte consistente di tifosi e addetti ai lavori abbia storto la bocca. Magari gli azzurri, come sostengono costoro, sono tornati veramente una decina d’anni indietro. Nondimeno, praticando l’unica strategia percorribile al momento, hanno ritrovato d’incanto un mucchio di certezze. Oltre a garantirsi l’accesso alla finale di Supercoppa. Una eccezionale iniezione di fiducia, che schiude sicuramente scenari suggestivi per l’immediato futuro dei Campioni d’Italia.
Pur avendo lasciato la gestione del possesso alla Viola, il Napoli non è mai apparso davvero in balia dell’avversario. La partita è stata tutt’altro che divertente sul piano meramente estetico, però tatticamente assai interessante.
Italiano non rinuncia mai al pressing alto, orientandolo costantemente uomo su uomo. Così, in fase di non possesso, gli azzurri abbassavano il baricentro, compattandosi in un ermetico 5-4-1. In questo modo potevano fare grande densità, oltre a difendere in regime di superiorità numerica.
Mossa funzionale a limitare la capacità associativa di Bonaventura, schermato egregiamente da Lobotka e Cajuste, che l’hanno sostanzialmente costretto a ricevere in ampiezza, senza alcuna opportunità di subire imbucate alle loro spalle.
Encomiabile anche l’atteggiamento di Kvara e Politano, chiamati ad abbassarsi per assorbire gli inserimenti di Kayode e Biraghi.
Insistere o cambiare
Assodato che la sua squadra non cavava un ragno dal buco, impossibilitata ad esplorare efficacemente la profondità, il tecnico della Fiorentina ha tentato il cambio di gioco. Soluzione proficua per isolare Brekalo e Ikoné in situazione di uno contro uno.
In ogni caso, la tendenza a rimanere stretti e corti ha prodotto una rilevante affidabilità sottopalla del Napoli, che riusciva a chiudere per tempo ogni riferimento in costruzione, vincendo i duelli individuali e conquistando le seconde palle. Ribaltando poi il campo in transizione. Sia manovrando in maniera ragionata, che appoggiandosi col lancio lungo su Simeone.
Per una volta al Napoli è andato tutto bene. Adesso bisogna comprendere se Mazzarri insisterà su questa impostazione tattica, e soprattutto quanto attendibile potrà essere questo tipo di approccio al cospetto di squadre forti fisicamente, nonché dotate di grandi qualità. Se stasera, come da pronostico, fosse l’Inter a vincere l’altra semifinale, non potrebbe esserci banco di prova migliore per gli azzurri.
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