Il Napoli ha cominciato a lavorare in ritiro ed i più attenti osservatori avranno notato un volto nuovo in mezzo al campo. Con la partenza di Francesco Calzona, infatti, s’è liberato un posto nello staff di Luciano Spalletti, che il tecnico toscano ha prontamente integrato con Salvatore “Sasà” Russo.
Calzona ai saluti
Ma procediamo con ordine. Lo storico vice di Maurizio Sarri durante la gestione del “Comandante” sulla panchina degli azzurri è stato scelto dalla Slovacchia per assumerne il ruolo di Commissario Tecnico. Un incarico assai prestigioso per il 53enne originario di Vibo Valentia, passato pure per le esperienze come secondo al Cagliari con Eusebio Di Francesco e lo scorso anno organico proprio al gruppo partenopeo, in qualità di assistente tecnico.

Pare che a caldeggiarne l’assunzione sia stato addirittura Marek Hamsik, che ha lavorato con lui all’ombra del Vesuvio.
Queste le prime dichiarazioni di Marekiaro, raccolte da “Il Mattino”, in attesa che la federcalcio slovacca renda ufficiale l’ingaggio di Calzona.
“Prendiamo lui, insegna calcio come pochi. E’ l’uomo giusto per la rinascita del nostro movimento, ha creato Mertens falso nove. E’ stato fondamentale nel Napoli che ha sfiorato lo scudetto e si applica in allenamento come pochi ho visto fare in Italia…”.
Ritratto di Salvatore Russo
Fuori Calzona, dentro Russo. Sasà è un tipico prodotto del vivaio del Napoli. Quella meravigliosa fucina di talenti, cresciuti a pane e pallone sotto le sapienti mani di veri “Maestri” del calcio giovanile dell’epoca. Riccardo De Lella e Sandro Abbondanza sono dei precursori rispetto a qui tempi: la palla la fa da padrone in ogni seduta, manco fossimo alla Masia, piuttosto che al Due Palme o allo Scarfoglio. L’occhio lungo dello “Sceriffo” Nicola D’Alessio, responsabile del settore, si sovrappone alla sagacia organizzativa di Paolo Fino, intento a coordinare tutto e tutti dagli uffici del Centro Paradiso, creando così un mix micidiale nello scoprire e formare talentuosi giocatori.
Classica la trafila, a scalare le categorie fino agli Allievi. E poi l’incontro in Primavera, con Giancarlo Morrone. Un martello, l’ex allenatore della Lazio. Una sorta di sergente di ferro, abile a motivare come pochi i ragazzi, convincendoli a gettare il cuore oltre l’ostacolo.
Una scuola di vita pedatoria, quella del tecnico argentino, in grado di prepararli all’ultimo step: passare al professionismo, consapevoli di cosa potesse attenderli una volta lasciata la comfort zone di Soccavo.

La C come scuola di vita
Per Russo il primo assaggio con il pallone dei “grandi” non è affatto gradevole. Il Napoli lo manda in prestito alla Fidelis Andria, in C1. Trova pochissimo spazio e l’anno successivo passa all’Ischia.
L’isola diventa un crocevia importante nella carriera di Sasà. Disputa quattro stagioni ricche di soddisfazioni, assieme ad una colonia di compagni del vivaio azzurro (Marco Morrone, Flavio Leo, Raffaele Ametrano, Peppe Barrucci, Ciro Caruso).

Ormai s’è costruito un solido curriculum, arricchito da una salvezza miracolosa conquistata con la Battipagliese dei fratelli Pastena, in una drammatica doppia sfida ai Play-out, che condanna il Palermo alla retrocessione in C2. Cui segue un biennio alla Nocerina, altra piazza storica, capace di generare latte alle ginocchia in calciatori pavidi e tremebondi. Ma Russo, temprato da una lunga militanza in Terza Serie, dimostra di non soffrire affatto il calore della tifoseria Molossa. Anzi, si esalta nella battaglia.
Finalmente nel calcio che conta
La svolta nel percorso professionale di Russo arriva nel gennaio 2000, quando si trasferisce all’Ancona. Al mercato di “riparazione” l’allenatore dei dorici, Fabio Brini, fa il suo nome per aggiungere cattiveria agonistica e feroce determinazione al gruppo che si sta giocando la Serie B. Mediano da combattimento o difensore arcigno e roccioso, poco importa.
Da lì in avanti, è un crescendo rossiniano: promozione in cadetteria, fascia di capitano e balzo in lungo fino alla vetta della piramide calcistica, con Gigi Simoni in panca a trionfare nel campionato 2002/03. Sarà Leonardo Menichini, tuttavia, a farlo esordire in Serie A: 1º settembre 2003, allo Stadio Del Conero è di scena il Milan, che liquida la neopromossa con una doppietta di Shevchenko.
Piccola nota a margine. Il rapporto con Spalletti nasce però l’anno prima del salto in A. Nel dicembre 2001 l’uomo di Certaldo arriva nelle Marche con l’obiettivo di tirar fuori la squadra dalle sabbie mobili della bassa classifica. Una lunga striscia di risultati positivi consente alla fine di attestarsi a metà classifica, poco prima delle candidate alla promozione.
Casa dolce casa
Se i marchigiani rappresentano una esperienza segnante nella vita di Russo, il ritorno a casa non è da meno. Nato a Salerno, sceglie consapevolmente di scendere di categoria, per abbracciare le esigenze dei granata.
Una seconda giovinezza, con la Salernitana: contribuisce prima a salvare la squadra. Nelle due stagioni successive, la riporta in B e agguanta poi una salvezza insperata tra i cadetti.
A questo punto, inizia un’altra storia, che lo vede accumulare esperienze all’ombra di Novelli all’Aversa Normanna, Giovanni Martusciello – con cui aveva condiviso gli anni di Ischia – all’Empoli e Gianluca Grassadonia al Foggia.
Quindi, la chiamata di Spalletti…

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