Tiene banco in casa Napoli il (presunto…) caso Mertens. Che poi così non è, nel senso che solo ad un’analista superficiale saranno sfuggite le grottesche implicazioni derivanti dallo sputtanare il belga, offrendolo in pasto alla piazza.

La prima considerazione che viene in mente, alla spicciolata, è come sia diventato di pubblico dominio il contenuto di una mail così delicata. Ovviamente, al di là se le cifre che ballano siano al lordo, piuttosto che nette, appare improbabile che siano stati proprio gli agenti di Ciro a divulgare la bozza di rinnovo.

Ergo, il cerchio sull’informatore si restringe in maniera paurosa. Sostanzialmente, non può che essere qualcuno molto vicino alle stanze del potere, l’usignolo. Il sospetto, dunque, che sia stata la stessa società a rendere note le richieste avanzate da chi cura gli interessi di Mertens, si rafforza ogni minuto che passa.

Adl e la ragion di stato

A chi giova un comportamento così delatorio è sin troppo evidente. A Castel Volturno non sono affatto stupidi dal punto di vista strategico. Nondimeno, talvolta la politica da imbonitore non produce gli effetti sperati. Al contrario, diventa controproducente.

Capiamoci, la proprietà ha messo sul piatto della bilancia un atteggiamento sicuramente indelicato verso la controparte. Specialmente se davvero avesse intenzione di proseguire concretamente nell’ipotesi di arrivare ad un accordo favorevole con Mertens.

L’impressione, invece, che si voglia percorrere un superficiale tentativo di facciata con l’attaccante belga, buono esclusivamente per calmierare i tifosi, già in tumulto, dopo aver preso consapevolezza della nuova policy aziendale, comincia a farsi strada pure negli AurelioCentrici più sfegatati.

La “ragion di stato”, ovvero la necessità di giustificare un drastico ridimensionamento del monte ingaggi come unico criterio di valutazione delle azione presidenziali, viene meno nel momento in cui si tenta di scaricare sulle spalle altrui la responsabilità di questa scelta.  

Tuttavia, una comunicazione machiavellica genera il caos, rendendo infelicemente svantaggiosa l’ipocrisia latente nel fare la spia ai media. Che, dal canto loro, approfittano della dritta, per acchiappare click vari e like assortiti.

Ma Spalletti che dice?

Insomma, da questa storiaccia ne escono in pochi con la veste candida, modello verginella. Sarebbe bello conoscere sull’argomento il pensiero di Luciano Spalletti. Che tace, evitando di esporsi oltremodo.

Un approccio al problema tipicamente diplomatico. Perchè, schierandosi apertamente dalla parte della società, si inimicherebbe innanzitutto lo spogliatoio. Nelle medesima situazione contrattuale del belga, infatti, ci sono altri azzurri. Esprimersi su Ciro imporrebbe poi di fare lo stesso per i suoi compagni. Ma alla società piacciono poco i “sindacalisti”. La personalità viene pretesa in campo. Fuori, al contrario, meglio farsi… “cane di pecora”!

L’uomo di Certaldo è un fine dicitore, nei comportamenti e con le parole. Esporsi equivarrebbe a certificarne un palese aziendalismo. Posizione scomoda, quindi, qualora il prossimo anno le cose non andassero secondo i programmi. Poichè quella frangia di appassionati che hanno eletto Mertens a beniamino indiscusso, gli ritorcerebbe contro una condotta pilatesca.

Ultima considerazione da fare. Meramente tecnico-tattica: l’allenatore toscano quest’anno ha utilizzato pochissimo Mertens, dimostrando di preferire un sistema di gioco diretto e poco coinvolgente per il belga.

Se Dries andasse via di sua spontanea volontà, oppure “costretto” dagli eventi, per Spalletti la questio verrebbe risolta senza assumersi alcun onere accessorio. Attenzione, però, perchè questo scenario vale pure per l’attaccante: conviene fare un altro campionato da soprammobile, a lustrare la panchina con il sedere, o preferisce sparare le ultime cartucce altrove?

Tutti parlano volgarmente di soldi, come i cafoni. Ma talvolta il “vile denaro” c’entra poco…

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