La vittoria con il Bologna ha acuito un dubbio amletico, che da troppo tempo angustia tifosi e addetti ai lavori. Impegnati a scervellarsi per risolvere un enigma degno del miglior indovino.
Il nodo da sciogliere riguarda l’effettivo valore del Napoli. O meglio, la considerazione complessiva della sua forza, nella corsa all’unico obiettivo stagionale rimastogli. Ovvero, rimanere agganciato al treno che porta direttamente alla Champions League del prossimo anno.
Un po’ tutti si domandano se gli azzurri possono essere davvero competitivi fino in fondo. Oppure le difficoltà palesate anche contro gli emiliani sono lo specchio fedele di un gruppo ormai alla frutta.
Ovviamente non esiste una risposta univoca. Poiché luci e ombre si sono alternate pure questa sera.
Costruzione dal basso, una iattura
Il primo tempo del Napoli, almeno sul piano della gestione del possesso nella propria trequarti, rimane un esempio lampante di come la tanto decantata costruzione dal basso sia l’equivalente della corazzata Potëmkin per il ragionier Ugo Fantozzi.
Gli azzurri avranno provato talmente tante di quelle volte a risalire con il pallone, partendo dal portiere, che i felsinei hanno preso campo per inerzia. Quasi obbligati ad alzarsi per effetto di tutte le seconde palle conquistate puntualmente sullo scarico di Ospina, costantemente messo in difficoltà dalla pressione avversaria.
Magari, quando le cose funzionano al meglio, azzardare una situazione così rischiosa potrebbe pure essere funzionale ad aumentare la competitività della squadra.
Ma in un momento comunque complicato della stagione, come quello attuale, intestardirsi nella costruzione dal basso appare più una forzatura ideologica. La volontà del tecnico di dimostrare quanto sia valido uno dei princìpi su cui si fonda la sua filosofia calcistica. Dimenticando, invece, quanto di negativo finora abbiano raccolto i partenopei proprio a causa di questa strategia.
Se consideriamo, poi, l’azione da cui è scaturito il gol del Bologna, allora il Napoli ha mostrato la sua faccia peggiore, regalando letteralmente alla controparte l’opportunità di rientrare in partita.
Se ancora ce ne fosse bisogno, dunque, la pessima interpretazione della situazione ha mostrato come pesino le letture sbagliate nell’economia di un match sostanzialmente messo in cassaforte.
L’uscita del pallone da dietro rimane un must ricercato con continuità da Gattuso. Nondimeno, resta strisciante l’impressione che sia un automatismo deleterio, piuttosto che veramente vantaggioso.
Attenzione ai dettagli e grande sofferenza
Paradossalmente, nonostante il Napoli abbia sofferto il gioco del Bologna per l’intera gara, i tre punti ottenuti contro la squadra di Mihajlović possono avere un peso diverso nell’economia del campionato.
Nel senso che potrebbero fornire a Ringhio un’indicazione chiara su come impostare gli azzurri dal punto di vista tecnico-tattico nelle settimane a seguire.
Senza trascurare quanto sia stata esaltante la manovra che ha generato il vantaggio di Insigne.
Il Napoli, infatti, ha mosso la palla in maniera sontuosa, mangiandosi il campo con tre passaggi – palla avanti, dietro, dentro -, per sottrarsi alla pressione. E successivamente cambiare campo, dando ampiezza alla manovra. Rifinita poi dall’uomo che veniva a tagliare dal lato opposto. Spaccando in due le linee bolognesi.
Realisticamente, forse sarebbe il caso di accantonare l’ambizione di dominare il possesso attraverso il giropalla. E coltivare un calcio maggiormente orientato alla verticalità immediata.
Chiaramente, siamo ben lontani dalla visione preistorica postulata dalla cd. palla lunga e pedalare. Eppure, al netto di un erroraccio di misura, con la porta spalancata, Osimhen ha dimostrato quanto possa essere produttivo per Gattuso immaginare di abiurare la sua dottrina calcistica.
A favore di una strategia apparentemente meno collaudata. In ogni caso, più diretta. Tesa ad esplorare la profondità.
Napoli, il futuro è adesso
Indubbiamente, per farlo con cognizione di causa occorre compattarsi e soffrire. Perché bisognerà lasciare ampie porzioni di campi all’avversario.
Controllare il gioco e non tentare di dominarlo presuppone sicurezza nei propri mezzi e tranquillità mentale.
Insomma, se Gattuso e questo gruppo vogliono lasciare una traccia indelebile del loro passaggio all’ombra del Vesuvio dovranno evolversi. Reagire alle avversità e cambiare pelle.
Gestendo con calma la trasformazione tattica…
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