Sembrava che il Napoli avesse smarrito la propria identità. Perso nelle sue incertezze, di uomini e sistemi. Per una squadra che faticava a vincere le partite quando le cose giravano normalmente, figuriamoci quanto potesse essere proibitivo farlo ora.

Come d’incanto, invece, contro il Benevento, gli azzurri hanno ritrovato quella brillantezza nel gioco che latitava da troppo tempo.

Prima di oggi, il problema più evidente era quello di convertire la mole di gioco in reti. A causa del momento che stava attraversando la squadra, in continua emergenza per le assenze, specialmente in prima linea, la difficoltà maggiore risiedeva proprio nel generare qualcosa di interessante negli ultimi sedici metri

Effettivamente, i partenopei finora hanno avuto problemi d’efficacia in zona gol. Una certa sterilità nella finalizzazione delle numerose occasioni prodotte, strettamente connessa agli infortuni di tutti i suoi attaccanti.  

Ben ritrovato Ciro

Per come è stata strutturalmente pensata, infatti, la fase offensiva del Napoli è legata a doppio filo alla presenza di Mertens

Paradossalmente, il belga è imprescindibile. Tanto come suggeritore, quanto per le sue doti sotto porta. Ed i compagni sembra davvero non possano farne a meno.

Perché ha qualità da offensive player moderno. Un bagaglio di spostamenti che lo rendono complementare a chi lo supporta. Associata ad una notevole intelligenza nelle letture.  

Così, da classico centravanti, ha aggredito la linea, provocando ansia da prestazione in Tuia e Barba, impegnati a passarselo in marcatura diretta.

I due centrali di Inzaghi, però, sono andati in confusione nel momento in cui Ciro s’è defilato dal loro cono di luce, attirandoli fuori. A quel punto, si è verificata qualche sbavatura sui tempi di uscita, disarticolando l’allineamento difensivo degli ospiti.  

In effetti, quanto Mertens sia stato funzionale ai movimenti richiesti dall’allenatore per sfruttare gli spazi che il Benevento lasciava tra le linee di difesa e centrocampo è apparso subito palese. D’altronde, gli azzurri hanno iniziato la partita in modo propositivo. Un approccio aggressivo, cruciale per l’identità che Gattuso vorrebbe dare al calcio prodotto dalla sua squadra.    

I vantaggi nello sviluppare con intensità e precisione un giropalla lucidamente organizzato, con il duplice scopo di sottrarsi al pressing dei giallorossi, e contemporaneamente, andare rapidamente in profondità, sono stati innegabili.

La qualità che esalta il Napoli

Ringhio ha preteso dai suoi che alzassero immediatamente il ritmo, in modo da orientare il piano gara su un binario favorevole alle caratteristiche degli interpreti scelti per affrontare il Benevento.

In questo contesto tattico, i partenopei sono stati letteralmente devastanti.

Zielinski, se ce ne fosse ancora bisogno, ha mostrato quanto si trovi a suo agio nel poter correre in verticale, piuttosto che agire spalle alla porta.

Se riesce a smarcarsi, con il tradizionale stop orientato, più simile ad un balletto arabescato, che ad un gesto tecnico, e parte in progressione con la palla, potendo guardare la porta avversaria, strappa che è una bellezza. E chi lo piglia più!   

Inoltre, avere un centrocampista con abilità tecniche superiori alla media come Fabiàn Ruiz in costruzione bassa ha soddisfatto gli esteti del gioco proattivo. Nonché, gratificato una risalita della palla da dietro armonica e priva di sbavature.

Lo spagnolo sta provando a dissolvere l’equivoco sul ruolo, in cui volevano imprigionarlo strateghi e opinionisti, non solo dell’etere napoletano. Con il suo passo cadenzato, figlio di un fisico longilineo e filiforme, da pivote, fa danni.

Ma quando trova le rotazioni giuste e si ricalibra come mezz’ala, venendo messo nelle migliori condizioni per esprimere tutto il suo elefantiaco talento, allora non si piglia. Per nessuno, altro che ‘o cammell’

Bentornato Faouzi

A prescindere dalla quantità di cose buone messe in mostra questa sera dal Napoli, e preferendo stendere un velo di pietoso silenzio sull’espulsione di Koulibaly, un discorso a parte andrebbe dedicato a Ghoulam.

E’ doveroso sospendere temporaneamente il giudizio circa il definitivo recupero dell’algerino ai livelli che gli competono. Per inciso, quelli precedenti alla maledetta notte di Champions, quando il ginocchio gli andò in frantumi.   

Da qui in avanti, tuttavia, la speranza che non sia occasionale, bensì consuetudinaria, una partita sontuosa come quella contro i sanniti, deve necessariamente pervadere i cuori di tifosi e addetti ai lavori.

Perché ha veramente cannibalizzato il lato sinistro, facendo su e giù con instancabile costanza. Agendo da puro terzino. Ma in realtà, pure come esterno offensivo aggiunto.

Approfittando del gioco in coppia con Insigne, per usare la catena mancina come un grimaldello. I due si sono mossi con i tempi giusti, dando ampiezza e profondità, a seconda delle circostanze.

Mostrando chiaramente questa commistione tra intesa radicata nel tempo e timing individuale.

Il momento che Faouzi aspettava da un bel po’, finalmente è arrivato. Bentornato…

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