Il Napoli ha scoperto di non avere affatto la coperta corta a centrocampo. Perché la vittoria di Verona racconta della ricchezza di soluzioni offerte a Garcia da un Cajuste voglioso di impossessarsi della scena con la giusta dose di cattiveria agonistica.
Se al Bentegodi il calcio degli azzurri ha ripreso a scorrere con una certa fluidità almeno per un’ora, con un possesso prolungato, funzionale a manipolare l’assetto sottopalla dei gialloblù. è innegabile che parte dei meriti vadano ascritti all’aggressività nelle riconquiste dello svedese. Ferocemente determinato a pressare, guidando con il suo esempio i compagni ad alzarsi, difendendo in avanti. Una prepotenza tattica in fase di non possesso che non si vedeva da un bel po’.
La forza che ha impresso alle sue percussioni palla al piede ha rappresentato un chiaro messaggio per tutti: compagni, tifosi e addetti ai lavori. Oltre, ovviamente, al frangiflutti eretto in mediana da Baroni per inaridire le fonti del gioco partenopeo.
Ogni volta che Cajuste andava in percussione, infatti, Hongla e Serdar apparivano terrorizzati alla sola idea di doverne contrastare gli strappi in conduzione. Senza trascurare la collaborazione offerta in regia a Lobotka: abbassandosi, si pareggiava numericamente in costruzione, assorbendo il 2 vs 2 con Ngonge e Folorunsho.
Bisogna aggiungere che lo slovacco, per ordine di scuderia, tende a schiacciarsi sui due centrali in retroguardia. Insomma, Garcia cerca di sfruttarlo in maniera diversa rispetto al suo predecessore. L’allenatore preferisce che il pivote mantenga un approccio conservativo, piuttosto che accompagnare costantemente l’azione. Uno scenario figlio del baricentro schiacciato all’indietro.
Questa tendenza acuisce l’impressione che il Napoli sia sostanzialmente spezzato in due tronconi – difensivo e offensivo -; così la sagacia nelle letture del centrocampista svedese compensa parzialmente l’atteggiamento prudente imposto alla squadra dal tecnico francese. Evidente la sua immagine che dalla panchina spesso chiede di non pressare, invitando invece i suoi a limitarsi nello schermare le linee di passaggio.
In questo vuoto, mancando soluzioni di gioco codificate, ora più che mai che urge mascherare i limiti degli azzurri, Cajuste può fornire il suo prezioso contributo. Perché il Napoli visto a Verona non è affatto guarito. Ma comunque ricco di orgoglio.
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