L’ex calciatore del Milan e allenatore del Napoli dello scudetto del 1989, Alberto Bigon, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai taccuini della Gazzetta dello Sport. Di seguito le parole del doppio ex del match che è arrivato alla vittoria del tricolore con entrambi i club anche se in ruoli diversi. 

“C’è un Napoli-Milan che ricorda più degli altri?”

“Senza dubbio la nostra vittoria in casa nel 1989 (3-0, ndr), decisiva perché su quella costruimmo lo scudetto. Me la ricordo bene perché nei momenti topici succedono cose importanti, e tra primo e secondo tempo sappiamo solo noi che eravamo nello spogliatoio che cosa è successo. Posso solo dire che in quei 15 minuti abbiamo vinto la partita: lì posso dire di essere stato bravo e capace a convincere i ragazzi, ed è andata come doveva andare.”

“Il Milan da giocatore,il Napoli da allenatore. A quale scudetto è più legato?”

“Visto che quando le cose non vanno bene è colpa dell’allenatore, allora considero anche i meriti. Antonio Juliano ai tempi disse, non proprio in senso positivo, “Bigon nulla mette e nulla toglie”. Io lo presi come un complimento. Se non togli niente a una squadra con un grande potenziale come quel Napoli, è già tanto. Io ho sempre lottato per la salvezza, quando ho avuto la possibilità di lottare per il titolo, l’ho conquistato. Con il Napoli, ma pure con il Sion e con l’Olympiacos, anche se l’esperienza in Grecia (cacciato da primo in classifica, ndr) mi ha fatto passare la voglia di allenare. Se devo dare tutto me stesso, tutta la mia vita, per non avere niente incambio, pensai, allora cambio mestiere. Dopo la Grecia sono tornato solo al Sion dove ho vinto campionato e coppa e ci sono riusciti in pochi ma l’ho fatto soltanto per la gente della Vallesia con cui ho vissuto attimi indimenticabili.”

“Le piacciono Milan e Napoli di oggi?”

“Sì. Per quanto riguarda la squadra di Spalletti, bisognerebbe parlare di un Napoli con o senza Osimhen. La differenza la fa lui, fa giocare bene gli altri, li esalta con i suoi movimenti. Di là, Ibrahimovic al 100% è l’Osimhen del Milan. Ma devo dire che Pioli è proprio bravo: la sua squadra gioca bene anche dovendo cambiare tanti giocatori. Ecco, ripensando a quella frase di Juliano, lui qualcosa mette.”

“Chi è favorito domenica?”

“Il Napoli sembra stare meglio, e due mesi fa sembrava assurdo pensarlo. Ma non vorrei che tra i due litiganti godesse il terzo. Perché l’Inter è in flessione, ma ha i numeri e la forza per restare davanti”

“E la Juve?”

“Sinceramente non vedo come possa rientrare. Ne avesse davanti solo una potrebbe essere, ma dovrebbero crollare in tre. Comunque i bianconeri fanno bene a crederci, finché la matematica li tiene in gioco”

“Napoli-Milan si gioca Stadio Maradona. Che effetto le fa quel nome?”

“Diciamo che già lo stadio è emozionante, e ho sempre pensato fosse un peccato mortale non avere le tribune vicino al campo. Sarebbe stato super”

“E Diego, c’è un ricordo che le è particolarmente caro?”

“Dovremmo prenderci le ferie insieme così le racconterei. Le dico il primo: appena arrivato a Vicenza in ritiro, con la squadra torniamo dall’allenamento e lo vedo palleggiare nel cortile dell’albergo: mi dico, okay, fai l’allenatore da qualche anno, con questo hai già visto il traguardo da tecnico. Diego era il massimo”

“Da giocatore ha vissuto la Fatal Verona. Gli scontri diretti contano, ma poi bisogna fare attenzione anche alle piccole…”

“Verona la conosco nel bene e nel male, perché una volta ci ho perso uno scudetto e un’altra me lo ha fatto vincere. Tra l’altro, quel tricolore lo avremmo vinto anche senza la monetina di Alemao, lo dice la matematica. Ma a parte questo sì, occhio alle piccole. Come diceva Liedholm, la partita contro la Juve non serve prepararla, devo lavorare tanto quando giochiamo contro il Mantova”

“Bigon, il calcio non si è dimenticato un po’ troppo in fretta di lei?”

“A dir la verità, ho fatto di tutto perché il calcio mi dimenticasse. A parte quando mio figlio Riccardo è entrato in questo mondo, a Reggio Calabria, poi a Napoli e ora a Bologna. Per questo sono rimasto vicino al calcio, in realtà solo per rimanere vicino a lui, che tra l’altro non ne ha bisogno. Ora non lo seguo neanche più tanto, perché questo Bologna mi fa un po’ soffrire”