Aurelio de Laurentiis è nell’occhio del ciclone, o meglio, dopo la conferenza stampa di scuse nel periodo natalizio, ora si rifugia nel ritiro forzato, chiaramente obbligato dai risultati deludenti della squadra finora visti. A Torino, dopo una partita davvero indecifrabile, i tifosi hanno espresso tutto il loro disappunto nei confronti dei calciatori.

È chiaro che il ritiro non è la risoluzione dei problemi, ma potrà certamente essere utile se Mazzarri finalmente farà l’allenatore del Napoli, non risparmiando non risparmiando neanche esclamazioni indicibili, pur di capire cosa stia succedendo realmente a questo gruppo che non riesce più in ciò che sapeva, e bene, fare fino a sei mesi fa.

In verità, basandosi su tutto il percorso vissuto, è sembrato di vedere una univoca volontà di fuga, mostrando arrendevolezza e poca volontà nel voler rimettere insieme, almeno tra di loro in campo, i pezzi di una barca che stava pian piano affondando.

M’amano o non m’amano

Se pensiamo ai tanti commenti nel percorso semestrale post-scudetto, i commenti negativi sono tanti, sia di tifosi che di addetti ai lavori. Cori unanimi e diretti accompagnano da giugno questa stagione intollerabilmente negativa: “La colpa è di Garcia. No, la colpa è di Mazzarri. No, è del fatto che non si sono allenati bene ed hanno sbagliato la preparazione. È colpa dei calciatori che non s’impegnano“. Se vogliamo tutti commenti giusti e razionalmente logici.

Quello che è stucchevole però, è vedere attacchi che prima non sarebbero mai arrivati al Presidente.

Il filo sembra essersi spezzato: se io vado a pranzo con un allenatore per conoscerlo e dopo mi accorgo che non ho capito nulla cosa faccio io? Se io do 11 milioni di euro ad un calciatore e parlo di abbassare gli ingaggi agli altri, cosa mi aspetto? Se credo di poter essere io l’unico ad aver vinto lo scudetto, sono io? Se devo trattare un calciatore ma con i procuratori non ci parlo, cosa credo di ottenere io? Se capisco la volontà di andar via da Napoli, mentre io prometto di voler vincere La Champions, che faccio io?

Avrete certamente notato che in ogni interrogativo posto, vi è sempre presente il singolare. Ma nel calcio, come nella vita, il singolare non esiste. Come nel traguardo del terzo titolo iridato, vinto da tutti, il singolo è stato offuscato.

Iervolino con Sabatini insegna: fare un passo indietro e lasciare la gestione ad un vero direttore sportivo. Invece il mercato ancora non decolla, con una squadra insoddisfatta e senza dignità, e con un futuro ancora da scrivere, visto che il presente minaccia tempesta.

Aurelio, un passo indietro non fa male!

Ci si augura che il ritiro possa generare positività in questo gruppo, finora irriconoscibile rispetto al recente passato, ma soprattutto rendersi conto che questa modalità di gestione ‘patriarcale della società, risulta essere completamente errata.

Fare un passo indietro affidandosi ad un collaboratore di spessore, sarebbe la migliore risposta di amore verso i tifosi, oggi fin troppo maltrattati da prestazioni amatoriali dei propri beniamini. Per ridare quel riferimento, restituendo luce a società e squadra.

Basta poco per capirlo, forse l’unico e stato Spalletti, ma ora non è più tempo di tergiversare, bisogna solo arrendersi all’ evidenza, lanci la palla a chi la sa calciare, lo lasci lavorare senza prevaricare, salviamo il salvabile! E vedrà come si può vincere anche standosene al mare! A te la linea Aurelio!

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