Al di là della prima sconfitta stagionale in campionato del Napoli, la partita con l’Inter ha contribuito a rispolverare un argomento che negli ultimi due mesi all’ombra del Vesuvio avevano un po’ accantonato. E che il gol di Dzeko, invece, ha riportato prepotentemente in auge. Vale a dire il pregiudizio gratuito che una parte della critica nutre nei confronti di Alex Meret.
In tanti (forse troppi…), senza nemmeno conoscere i princìpi fondamentali del ruolo, imputano all’Airone la mancata uscita sul cross da cui è scaturito poi il vantaggio nerazzurro.
Dimenticando, innanzitutto, che Dimarco è un terzino con un piede educatissimo, che sbrana letteralmente il binario mancino, capace di mettere il compagno solo davanti al portiere, servendogli un assist sublime. Una di quelle tracce paraboliche, che sembrano disegnate con il compasso, a esplorare la zona del primo palo. Dove un istante prima c’è il vuoto e l’attimo successivo chi la mette dentro.
In pochi, poi, portano la definizione dello smarcamento a un livello così letterale come il centravanti bosniaco. Che ha qualcosa di retrò nell’interpretare il ruolo alla stregua dei centroboa, in grado di leggere in anticipo, con un’intelligenza mostruosa, la giocata del compagno. E catalizzare l’attrezzo, arrivando a rimorchio, per impattare perfettamente la palla. Non prima, però, di una doppia finta, in corsa, funzionale a eludere la marcatura di Rrahmani.
Grande assente, ovviamente, il kosovaro, che si perde Dzeko, incapace di venire a capo del più classico degli errori difensivi in materia di tattica individuale applicata, calcolando male i parametri strutturali di palla, porta e avversario.
Troppi pregiudizi su Meret
Ma il vantaggio dell’Inter arriva da lontano. Attraverso una classica transizione. Precisamente nel momento in cui a centrocampo saltano le preventive, e Mkhitaryan riceve lo scarico direttamente dalla rimessa laterale, ribaltando l’azione offensiva da un lato all’altro.
Anguissa arranca; rimane troppo distante per chiudergli adeguatamente lo spazio centrale. Perfetto il lancio velenoso di esterno dall’armeno, nel corridoio davanti a sé. Senza nemmeno rendersene conto, il Napoli si fa fregare a causa di un atteggiamento vacuo e distratto sottopalla.
Ecco, la facilità con cui Dimarco ruba il tempo alla retroguardia napoletana brucia sul nascere qualsiasi tentativo di accennare all’uscita da parte di Meret. Al limite, l’estremo difensore friulano avrebbe dovuto intuire le intenzioni del “braccetto” interista, prendersi un rischio e anticipare l’intervento. Non gli fa certamente difetto il coraggio. In ogni caso, resta difficile scegliere tra un gesto conservativo – difendere la porta – piuttosto che altamente spregiudicato.
Eppure, sussiste la sensazione che le critiche a tratti persino eccessive rivolte al portiere azzurro travalichino la giocata specifica della squadra di Simone Inzaghi.
Magari ispirate da continui preconcetti, che purtroppo incidono ancora tanto sulla valutazione complessiva del rendimento del numero uno partenopeo.
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