Neanche lo Scudetto è stato capace di recidere i fili della contestazione a De Laurentiis. Strisciante, pervicace, mai del tutto sopita. Nemmeno con gli azzurri Campioni in Italia.

Gli avvenimenti delle ultime settimane non hanno certamente contribuito a smussare l’acredine nei suoi confronti. Al contrario, in virtù dell’atteggiamento – decisionista e fortemente accentratore – avuto nella gestione delle scelte estive, al presidente vengono imputate le principali responsabilità dei risultati altalenanti degli azzurri in questa fase della stagione.

In ogni caso, al netto degli haters maggiormente agguerriti, è fuor di dubbio che DeLa talvolta provveda da solo a scavarsi la fossa in termini di empatia con l’ambiente partenopeo.

Le ultime dichiarazione sul rinnovo di Osimhen (“Sono sempre stato sereno con Victor, ma bisogna sempre essere in due. Il mio mood è rimasto lo stesso, il suo non lo so. Se da una stretta di mano arriva poi una negazione di ciò che si era detto non ci posso fare nulla. Ne prendo atto…”) suscitano un mucchio di perplessità nei tifosi.

Infatti alimentano la sgradevole sensazione che nel gioco delle parti, tra colpe e meriti, la proprietà voglia scaricare sulle spalle del nigeriano lo stallo nelle trattative. Bollandolo come l’ennesimo traditore della causa napoletana.    

Effettivamente, ci vuole un bel coraggio, visto il momento delicato che sta attraversando la squadra, andarsi a impaludare in una discussione nient’affatto funzionale ad abbassare i toni. Anzi, carica a pallettoni i più grandi detrattori di Adl, che già nutrono nei suoi confronti scarsissima simpatia.

Eppure, la storia racconta della innegabile abilità presidenziale nel tendere sottili tranelli mediatici, nell’ottica di conseguire un vantaggio al tavolo delle trattative. Quello che De Laurentiis ha apparecchiato a Calenda Non sarà il massimo dell’eleganza. Ma l’obiettivo finale è quello che conta davvero: superare il ristagno generato dalla volubilità della controparte. Che, giustamente, tira acqua al proprio mulino.

Insomma, occhio a considerare la premiata ditta Osimhen-Calenda alla stregua di novelle verginelle, vittime innocenti della cattiveria altrui: “Niente di personale, sono solo affari…”, sosteneva Al Pacino, nei panni di Michael Corleone, nel film “Il Padrino”.

In soldoni, attraverso le sue parole, Don Aurelio lancia un messaggio chiaro al mercato. Il suo pensiero non è rivolto esclusivamente al business. Altrimenti, mai avrebbe rinunciato alle centinaia di milioni in petrodollari dei sauditi.

Uno scenario in cui si inserisce perfettamente il comunicativo dall’indole prettamente distensiva apparso sul sito ufficiale della società, che fa esplicito riferimento a una mera pausa di riflessione, prima di rincontrarsi nella massima serenità, nel prossimo futuro.

Appare evidente, quindi, che augurandosi prevalga il disgelo, De Laurentiis abbia voluto perseguire una precisa strategia d’azione. Ovvero, porgere il classico ramoscello d’ulivo, simbolo universale di pace e riconciliazione.   

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