Il nuovo corso del Napoli targato Aurelio De Laurentiis pare non sia partito con il piede giusto. La necessità di ridimensionare drasticamente il monte-ingaggi si scontra con le pretese di tutti i giocatori interpellati. Nient’affatto accondiscendenti all’idea ventilata dalla direzione sportiva.

In questo scenario, Cristiano Giuntoli si trova nella scomoda situazione dell’ambasciatore che reca cattive notizie per conto d’altri. Al diesse, quindi, non si può addossare alcuna responsabilità, nel momento in cui illustra la brillante strategia operativa maturata nella testa del presidente. Che da imprenditore munifico e lungimirante, chiede ai suoi calciatori di rinunciare ad una consistente fetta di stipendi, pur di vivere all’ombra del Vesuvio.

Insomma, la delusione regna sovrana nelle segrete stanze dei bottoni, a Castel Volturno. Nessuno finora ha accettato le proposte al ribasso di Adl, preferendo andare a scadenza, piuttosto che rinnovare.

Insomma, per qualcuno all’interno dello spogliatoio azzurro, il danaro continua ad essere uno stimolo maggiore della giusta dose di napoletanità…

Il Comune bussa a soldi

Attenzione, però, che la pecunia è un parametro di valutazione comparativa che solletica anche le Istituzioni.

E’ notizia di questi giorni, infatti, che il Napoli sia in debito con il Comune di Napoli. In soldoni, De Laurentiis è un affittuario moroso, non avendo versato un solo canone mensile per l’uso dell’impianto di Fuorigrotta. Già lo scorso gennaio l’amministrazione comunale s’era attivata per escutere le numerose pendenze.

Del resto, l’Arpagone che alberga silente nell’animo del produttore romano, quando si tratta di cacciare il “vile denaro”, si desta dal suo torpore. Al punto tale da dimostrare un’avarizia nemmeno paragonabile a quella del protagonista della commedia di Molière.

Facciamo subito chiarezza. Il Governo ha emanato una serie di Decreti funzionali a favorire la ripresa economica post pandemia. In quest’ottica, almeno teoricamente, rientra il provvedimento cui si appella il Napoli all’atto di opporsi alle pretese di Palazzo San Giacomo. Sostanzialmente, il sacrosanto diritto a vedersi riconosciuto uno sconto sulla locazione.

Peccato, tuttavia, che nel caso specifico, l’emergenza Covid non c’entri nulla. La società partenopea non ha mai saldato alcuna rata dalla stipula della nuova convenzione decennale. Men che meno, dopo la riapertura degli stadi al pubblico. A testimoniarlo, i bilanci del Comune.

Ovviamente, dalle parti di Piazza Municipio, il disegno avanzato da De Laurentiss – abbattimento del canone, con efficacia retroattiva, nochè allungamento della concessione in cambio di non meglio precisati “lavori di ristrutturazione e ammodernamento dell’impianto” – sembra avere sinistre analogie con l’offerta di rinnovo recapitata a Mertens e Koulibaly.

Irricevibile, per ben due motivi. Qualora accettasse l’indegna proposta, la Giunta capeggiata da Gaetano Manfredi esporrebbe il fianco ai controlli della Corte dei Conti. Il Sindaco, cioè, rischierebbe di dover rispondere di danno erariale cagionato da un’azione irresponsabile commessa nell’esercizio delle sue funzioni.

Al danno causato alle casse della Res Publica, bisognerebbe aggiungere la beffa strettamente politica: con quale faccia di bronzo Manfredi avrebbe l’ardire di aumentare l’addizionale Irpef, già adesso tra le più care d’Italia, dividendo gli oneri di “sistema”. Ovvero, aumentando le tasse locali ai suoi cittadini, per compensare i mancati guadagni derivati dalla inosservanza (unilaterale…) del contratto di locazione.

Adl deriso e contestato

Nel frattempo, non si interrompe la contestazione al patròn. Impossibile ormai anche per i più sfegatati tra gli AurelioCentrici fare finta di non vedere, alla stregua dello struzzo che infila la testa sotto la sabbia, il malessere diffuso e trasversale che sta attraversando la città. Così, dopo gli striscioni comparsi in giro al termine del campionato, è di questi giorni una nuova iniziativa di protesta avverso la proprietà.

Un irridente manifesto cinematografico, che sbeffeggia De Laurentiis, accusato di incontrollata avidità, associata ad uno smodato desiderio di trarre profitto dalla passione dei napoletani per la loro squadra del cuore.

L’ennesimo gesto di rottura profonda con la filosofia gestionale cavalcata in quasi venti anni di assolutismo calcistico e mediatico. Una sorta di dittatura, che in maniera strisciante e pervicace ha finito per mettere nel fatidico cassetto i sogni di gloria in ottica scudetto del popolo azzurro.

Oltre ad obnubilare pure le coscienze di chi avrebbe dovuto perpetrare un doveroso diritto di critica con onestà intellettuale. Anestetizzato, invece, da un modus operandi tipico dei sistemi totalitari. Che zittiscono le voci fuori dal coro, privilegiando un gruppo ristretto composto da giullari di corte e stornellatori di regime.

In definitiva, per Adl, “Paga ‘o pigione, vendi e vattene…” sta diventando ormai un mantra difficilmente sostenibile. E l’invito ad imboccare l’Autostrada A16, per inciso, la bretella che collega Napoli a Bari, appare davvero una supplica liberatoria per tanti (veramente troppi) napoletani.

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